Un business per quelle software house molto specializzate e “introdotte”
Il settore della lavorazione dei metalli, della rubinetteria e delle valvole presenta le caratteristiche tipiche dell’industria italiana: è un’attività che nasce dalla tradizione, fatta da piccole e medie imprese, spesso concentrate in aree territoriali definite, che operano in regime di elevata flessibilità produttiva e con forte orientamento all’esportazione. Purtroppo ai pregi produttivi fa ancora da contraltare una mentalità spesso rivolta al passato, una scarsa inclinazione all’apertura e all’innovazione non di prodotto.
Secondo l’Associazione dei costruttori di valvole e rubinetterie (Avr) dell’Anima (Federazione delle industrie meccanica della Confindustria), che, comunque, non raccoglie tutte le aziende attive, il settore in Italia conta 15mila addetti e sviluppa un fatturato di circa 3 miliardi e 350 milioni di euro di cui oltre il 60% destinato all’export. Il numero esatto delle imprese non viene specificato, le più importanti, che costituiscono l’associazione, sono circa 80. Ma con buona probabilità quelle non associate sono il cuore "duro e puro" del settore, aziende che lavorano in gran parte su commessa, fornendo parti e componentistica per impianti. Il risultato, tradotto in termini di Information technology, è abbastanza scontato: concentrazione su soluzioni legate alla produttività, alla gestione quantitativa del magazzino e all’evasione degli ordini. In pratica software gestionali, consigliati e forniti da tipiche software house all’italiana, che ancor oggi rappresentano il presidio territoriale dell’innovazione It e parte integrante del tessuto produttivo dei distretti in cui operano. Ma anche queste società, pur avendo un rapporto di fiducia consolidato nel tempo, spesso incontrano difficoltà a dare indicazioni o a fare proposte che vadano oltre la logica: produzione, amministrazione e vendita.
Le principali aziende del comparto hanno un sistema produttivo che sfrutta al meglio le sinergie offerte dalla vicinanza alle fonti di approvvigionamento delle materie prime e dalla presenza di produttori specializzati di componenti, che facilitano i rapporti di subfornitura e la disponibilità di manodopera qualificata. In questo modo si possono realizzare notevoli economie e offrire prezzi competitivi.
La concentrazione delle imprese in alcune aree del territorio nazionale (soprattutto il novarese, il bresciano e alcune località del milanese) va considerato come un fattore non trascurabile nell’ottimizzazione dei processi.
La flessibilità produttiva permette di sfruttare al meglio le risorse di automazione a disposizione, adattando la produzione alle specifiche tecniche, funzionali ed estetiche richieste dai clienti. Le aziende sono così in grado di proporre un’offerta diversificata per prezzo, tipologia, forma, design e utilizzo.
Per gli operatori It entrare in questo comparto non è facile, soprattutto se non si sono sviluppate relazioni proficue sul piano territoriale a cui fa riferimento la potenziale azienda cliente. Le imprese del settore, soprattutto nella fase di automazione della produzione, hanno sviluppato rapporti profondi con le prime software house che offrivano supporto informatico ai processi produttivi e la tendenza, come è facile intuire, è alla conservazione e allo sviluppo dei rapporti in essere più che alla ricerca di nuove relazioni, anche se potenzialmente in grado di fornire vantaggi competitivi.
Le prime produzioni artigiane risalgono al secolo XIX, ma l’industria di questo settore ha assunto i suoi connotati attuali a partire dagli anni Cinquanta, realizzando notevoli progressi negli ultimi venticinque anni. Gli elevati standard produttivi sono accompagnati da una qualità notevole, assicurata anche dal design industriale di cui può avvalersi. Oggi gli stabilimenti sono dotati di impianti all’avanguardia, non di rado completamente automatizzati con l’uso di linee automatiche di montaggio e collaudo. Molte aziende dispongono anche di fonderie e laboratori interni automatizzati.
Il ruolo marginale della comunicazione. La scarsa importanza data al contesto della comunicazione è evidente anche dalla ricerca che abbiamo fatto per trovare interlocutori disponibili per la nostra inchiesta. Molte aziende hanno rifiutato il contatto subito, perché considerato un’inutile perdita di tempo, altre hanno prima cercato di capire le finalità, ma hanno glissato quando hanno compreso che riguardava essenzialmente fornitori e consulenti d’informatica. Chi ha accettato di parlare con noi lo ha fatto tramite il personale amministrativo, certo non incline ad aprirsi più del necessario e poco disposto a entrare nel merito delle scelte tecnologiche, che comunque spettano al titolare o alla direzione generale. Da qui un generale appiattimento delle risposte che trovano un riscontro quanto mai significativo alla domanda: di che cosa pensate di avere bisogno a livello It nel prossimo futuro? Sei aziende su sei hanno risposto nello stesso modo, anche se in forma diversa, da "non abbiamo nessuna esigenza particolare" a "per il momento siamo a posto così", fino allo sconfortante "non ci manca niente".
Eppure tutte le aziende intervistate hanno un proprio sito vetrina con catalogo, non di rado bilingue. Spesso la costruzione del sito viene affidata a società di pubbliche relazioni o piccole Web agency più o meno legate al loro fornitore It. Nella stragrande maggioranza non esiste un responsabile dell’area informatica e il tutto viene delegato alla software house che li ha sempre assistiti.
Ma il rapporto non sembra molto dinamico. Le proposte devono essere oculate e convincere il titolare o la direzione che l’investimento è necessario se non inevitabile.
«Gli aggiornamenti li facciamo soprattutto per ottimizzare i processi produttivi – dichiara Andrea Caroni, amministratore della Caroni di Cuneo, che produce lastre e componenti in metallo -, la parte amministrativa e di magazzino è affidata a un gestionale, che aggiorniamo solo quando è necessario. Abbiamo proposte anche da altri fornitori, ma in maggioranza parlano di soluzioni Web e per il momento non ci interessano, non abbiamo intenzione di cambiare niente».
La risposta chiarisce che il punto di maggior attenzione è quello della produzione, ma anche che il tallone di Achille è quello delle relazioni con il mondo esterno. È vero che il territorio assicura forme di relazione stabili e che il distretto industriale copre certe carenze, ma va anche considerato il fatto che le tecnologie di Ict stanno agendo proprio su questo fronte: annullano gli spazi e sincronizzano gli aspetti sempre più decisivi del time to market, inteso in tutto il ciclo del prodotto e non solo come produzione.
«Non teniamo rapporti via Web con i nostri fornitori – chiarisce Mauro Bertelletti, uno dei responsabili amministrativi di Metaltecnica, azienda specializzata nella rubinetteria per l’agricoltura -. In genere usiamo il telefono, il fax e le e-mail anche se di recente un fornitore che lo usa ci ha fatto notare la cosa. Per il momento non abbiamo ancora preso in considerazione l’idea, ma non è detto che in futuro non lo si possa fare».
Sembra quasi che questo genere di azienda, al di là del suo core business, viva a rimorchio dell’evoluzione tecnologica del settore. L’uso di tecnologia Web sarà presa in considerazione quando la richiesta proveniente dall’ambiente di lavoro più prossimo diverrà pressante. Manca una visione prospettica dell’impatto tecnologico e di conseguenza dei vantaggi competitivi ottenibili nel tempo. In altri termini, c’è scarsa mentalità di rischio e di aggiornamento continuo, importante per un’imprenditoria moderna.
«È vero, c’è un problema di mentalità, più che di cultura – spiega Roberto Barra, amministratore di Spazio Personal, Var che dal 1985 lavora sul territorio novarese -. Il Web comporta un miglioramento del dialogo con fornitori e clienti, ma questo costringe l’azienda a esporsi e per loro questo è quasi un tabù. Non sono ancora preparati a gestire l’azienda in modo esteso, preferiscono il telefono o il fax, ma è anche vero che prima o poi questo aspetto verrà superato. Perché avvenga nei fatti bisognerà aspettare che si generino diseconomie o emarginazioni evidenti».
Il salto da fare non sembra tecnologico, e infatti tutti i nostri interlocutori riconoscono l’importanza e il ruolo dell’It, ma è piuttosto di tipo psicologico. Bisogna superare una certa sfiducia e allontanare le gelosie, che in passato hanno spinto verso una competizione genuina e serrata, ricca di stimoli e di sfide. Ma oggi la situazione è cambiata, il confronto più che con il competitor della porta accanto è con il mercato, inteso nella sua complessità di relazioni e di finalità. Per questo a noi appare assurdo che alcune aziende contattate si siano rifiutate perfino di menzionare il nome del loro fornitore It.
«Le decisioni sulla parte informatica le prende il titolare – afferma Enrico Bertelli, dell’ufficio amministrativo di Robor, azienda bresciana che produce raccordi in ottone -, che non ha molte conoscenze informatiche, ma che sa quello che serve all’azienda. Spesso passano dei consulenti, vengono ascoltati e fanno proposte, ma la ditta di riferimento per noi rimane la OfficeSystem, una società di Ospitaletto (Bs) che opera con noi da molti anni».
La prossimità e la fiducia sono elementi vincenti, sempre e comunque, se anche una proposta esterna viene giudicata interessante, verrà probabilmente sottoposta anche al vaglio del proprio fornitore di riferimento. Per agire in un contesto del genere non basta avere "soluzioni" convincenti, bisogna procurarsi anche gli alleati giusti. «Bisogna capire che i titolari di queste Pmi hanno una capacità impressionante di ottimizzare tutto quello che hanno – prosegue Roberto Barra -. Sono persone caute e acute, che riescono a sfruttare al meglio le qualità logistiche, umane e organizzative della loro azienda. Rispetto all’equilibrio interno dell’impresa hanno già fatto le scelte di ottimizzazione che erano possibili. Non buttano via nulla, per questo apparentemente non hanno bisogno di un nuovo software».
Parlando di hardware, l’intramontabile As/400, in un panorama di questo tipo, non poteva mancare e molti lo citano con un certo orgoglio; così come l’ambiente operativo dominante è Windows anche se l’interesse per Linux e oggi più vivo. Sul fronte client, il tradizionale pc sta lentamente evolvendo e si nota maggior interesse verso gli schermi Lcd e soprattutto verso i portatili, oggi in grado di sostituire appieno e con maggiore praticità le funzioni svolte dalle workstation. C’è probabilmente spazio anche per server con funzioni di database relazionale, ma le architetture della maggioranza di queste Pmi sono ancora semplici con uno o due server, in genere molto impegnati e quindi la proposta può incontrare interesse. Marginale lo spazio dedicato alla stampa, anche se le stampanti ink jet hanno sostituito le vecchie e rumorose periferiche ad aghi e ormai insidiano il ruolo delle laser.
In ambito software, gestionali, o meglio Erp, costituiscono l’elemento di base. Il passaggio verso un’azienda gestita in modo integrato (Erp) potrebbe essere un buon biglietto da visita, un primo passo per iniziare una più attuale gestione dell’azienda. Tra i moduli del gestionale più usati, oltre al ciclo attivo sulla dinamica di prodotto, troviamo la parte movimentazione componenti o articoli, la gestione del magazzino, la contabilità e quella per l’evasione degli ordini e la fatturazione, ma il tutto, per essere appetibile, deve avvenire, se non in modo integrato, almeno con una certa automazione. Spesso la relazione con i clienti viene seguita in modo un po’ improprio e questa componente software (Crm) potrebbe interessare alle Pmi che producono beni per il mercato finale. La redazione e l’interscambio di file e documenti avviene con le applicazioni di Microsoft Office e probabilmente l’offerta di un Crm che si presenta come estensione di questo pacchetto, ormai universale, produrrà non poche tentazioni appena arriverà su questo mercato.
Molte delle aziende del comparto sono vicine a un salto generazionale che potrebbe portarle verso piattaforme Web che semplificherebbero le relazioni con l’esterno e tutta la gestione dell’It, ma come già ampiamente mostrato le resistenze non mancano.
«Non abbiamo software specifici per i fornitori – spiega Marco Castellani, responsabile qualità e Edp di Valvotubi Ind, società ravennate di forniture per acquedotti – e per tenerci in contatto usiamo fax ed e-mail. Al momento siamo soddisfatti e l’azienda è abbastanza informatizzata grazie all’Erp di un fornitore di Torino. Forse avere un’interfaccia diretta con fornitori e clienti sarebbe un passo avanti, ma l’accesso al magazzino è ancora indisponibile anche se stiamo pensando di renderlo pubblico, se troviamo soluzioni sicure ed economiche».
In questa situazione le proposte per erogare tecnologia on demand in modalità host, appaiono troppo avanzate, anche se gli sforzi di Ibm e Sap in questa direzione stanno probabilmente preparando il terreno a un futuro che ancora non è dietro l’angolo.
«In Italia, e soprattutto in questo settore – conclude Barra – l’idea di fornire terminali di accesso in host ancora non funziona. Le aziende non vogliono che i loro dati siano "lontani", non c’è fiducia. La verità è che solo noi, fornitori, Var e software house presenti nel territorio, riusciamo a capire la filosofia di queste aziende che vogliono flessibilità e potenza nel più breve tempo possibile e nel massimo riserbo. Così a livello dei gestionali, nonostante i tentativi di penetrazione di società internazionali molto affermate, i software italiani sono spesso percepiti come i più indicati a rispondere alle esigenze di queste Pmi».