Sospensione del rapporto di lavoro V

Portatori di handicap La legge riconosce particolari tutele ai lavoratori portatori di handicap e ai lavoratori familiari di persone disabili, prevedendo a favore di tali soggetti la concessione di permessi, aspettative e altre agevolazioni. Il quadro …

Portatori di handicap

La legge riconosce particolari tutele ai lavoratori portatori
di handicap e ai lavoratori familiari di persone disabili, prevedendo a
favore di tali soggetti la concessione di permessi, aspettative e altre
agevolazioni. Il quadro degli interventi in materia è stato
delineato dalla L. 5 febbraio 1992, n. 104 ed ulteriormente specificato
– con particolare riguardo ai genitori di soggetti handicappati – dalla
L. 8 marzo 2000, n. 53, e dal D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Tutti i permessi per l’assistenza ai portatori di handicap disciplinati
dalla L. n. 104/1992 sono concessi a condizione che la persona da
assistere non sia ricoverata a tempo pieno e pertanto non spettano:
– qualora il portatore di handicap sia ricoverato a tempo pieno presso
un istituto specializzato, anche se lo stesso istituto certifichi la
necessità, da parte del familiare, di prestare assistenza in
via continuativa (Inps mess. n. 228/2006);
– in caso di ricovero finalizzato ad un intervento chirurgico, in
quanto anche tale fattispecie si configura come ricovero a tempo pieno
(Inps mess. n. 256/2006).
L’Inps ha tuttavia chiarito che i permessi possono essere
concessi, nel caso di ricovero a tempo pieno, qualora ricorra una delle
seguenti ipotesi (Inps circolare n. 155/2010):
– interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del
disabile di recarsi fuori dalla struttura che lo ospita per effettuare
visite e terapie appositamente certificate;
– ricovero a tempo pieno di un disabile in stato vegetativo persistente
e/o con prognosi infausta a breve termine;
– ricovero a tempo pieno di un minore disabile per il quale risulti
documentata l’esigenza di assistenza da parte di un genitore
o di un familiare.
Il diritto ai permessi viene meno qualora il datore di lavoro o
l’Inps accerti l’insussistenza o il venir meno dei
necessari requisiti.

Permessi retribuiti
Lavoratori portatori di handicap
Il lavoratore maggiorenne portatore di handicap che versi in situazione
di gravità (accertata ai sensi dell’art. 4, L. 5
febbraio 1992, n. 104) ha diritto a permessi retribuiti della durata di
due ore al giorno o, in alternativa, di tre giorni al mese (art. 33, c.
6, L. 5 febbraio 1992, n. 104).
Lavoratori che assistono familiari di portatori di
handicap

Il lavoratore che assiste un familiare con handicap in situazione di
gravità, che sia coniuge, parente o affine entro il secondo
grado, ha diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in
maniera continuativa, a condizione che la persona da assistere non sia
ricoverata a tempo pieno (art. 33, c. 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104).
I permessi possono essere fruiti anche da parenti entro il terzo grado,
a condizione che i genitori o il coniuge della persona con handicap
abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anche essi
affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. A tale
proposito, l’Inps (circolare n. 155/2010) ha chiarito che
l’espressione “mancanti” deve essere
intesa non solo come situazione di assenza naturale, ma deve
ricomprendere ogni altra condizione ad essa giuridicamente
assimilabile, purché continuativa e certificata. La
possibilità di estendere al terzo grado di parentela la
concessione dei permessi si verifica inoltre anche nel caso in cui
anche uno solo dei soggetti menzionati (genitori, coniuge) si trovi
nelle situazioni previste dalla legge (assenza, patologia, ecc.). Le
patologie invalidanti sono quelle indicate dall’art. 2, c. 1,
lett. d), n. 1-3 del D.M. 21 luglio 2000, n. 278.
Possono fruire dei tre giorni mensili di permesso anche i genitori di
minori di tre anni in condizioni di disabilità grave (in
alternativa al prolungamento del congedo parentale e alle due ore di
permesso giornaliero), nonché i parenti ed affini dei minori
in questione (Inps, circolare n. 155/2010).
Il predetto diritto non può essere riconosciuto a
più di un lavoratore dipendente per l’assistenza
alla stessa persona. Per l’assistenza allo stesso figlio
portatore di handicap, il diritto è riconosciuto ad entrambi
i genitori, anche adottivi, che ne possono fruire alternativamente.
A seguito delle modifiche all’art. 20, c. 1, L. n. 53/2000,
introdotte dalla L. n. 183/2010, non devono più ritenersi
elementi essenziali ai fini del godimento dei permessi in parola i
requisiti della convivenza, della continuità e
dell’esclusività dell’assistenza alla
persona disabile (Inps circolare n. 155/2010)
Il lavoratore con disabilità grave, che già
beneficia dei permessi ex lege n. 104/1992 per se stesso,
può cumulare anche il godimento dei tre giorni di permesso
mensile per assistere un proprio familiare anch’esso in condizioni di
disabilità grave (Inps circ. n. 53/2008).
Nel caso in cui l’assistenza riguardi più soggetti
portatori di handicap, il permesso di tre giorni può essere
riconosciuto in modo disgiunto per ciascun disabile da assistere a
condizione che l’assistenza sia contemporaneamente esclusiva e continua
per ciascuno degli assistiti (M.L. nota n. 3003/2006). La valutazione
nel merito sulla concessione del beneficio – anche in
relazione alla documentazione presentata dagli interessati in ordine
alla natura delle infermità – compete al dirigente
medico della sede Inps (mess. n. 1137/2010).
Secondo il Ministero del lavoro (risposta a interpello n. 31/2010) il
datore di lavoro può richiedere al lavoratore una
programmazione del godimento dei permessi – settimanale o
mensile – purché:
– il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare
preventivamente le giornate di assenza;
– non comprometta il diritto del disabile ad una effettiva assistenza;
– segua criteri il più possibile condivisi con il lavoratore
e con le rappresentanze sindacali.
Richiesta dei permessi e trattamento economico
Sia nel caso del lavoratore disabile che nel caso dei familiari per
usufruire dei permessi l’interessato deve presentare
annualmente domanda all’Inps e, in copia, al datore di lavoro. I
permessi spettano anche se la domanda all’Istituto viene
presentata nel corso del mese in cui sono richiesti (mess. n.
4416/2007). Per la fruizione dei permessi per accompagnamento a visite
mediche dei disabili ricoverati a tempo pieno è necessario
presentare all’Inps, dopo la richiesta iniziale, la
documentazione giustificativa per ciascun evento (mess. n. 14480/2010).
Il trattamento economico è anticipato dal datore di lavoro
per conto dell’Inps e comprende, come nel caso precedente, la
gratifica natalizia e le altre mensilità aggiuntive (mess.
n. 13032/2005; ML lettera circolare 6 febbraio 2006).
I permessi possono essere usufruiti anche mediante frazionamento in ore
(l’Inps, con mess. 28 giugno 2007, n. 16866 ha indicato la
seguente formula per determinare il corrispondente numero dei permessi
orari: orario di lavoro settimanale / numero dei giorni lavorativi x
3). I permessi sono riproporzionati per i lavoratori a tempo parziale e
quelli in cassa integrazione guadagni ordinaria (ML interpello 3
ottobre 2008, n. 46; Inps messaggio n. 26411/2009).

Luogo di lavoro e divieto di trasferimento
Il lavoratore maggiorenne portatore di handicap in situazione di
gravità ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di
lavoro più vicina al proprio domicilio e non può
essere trasferito in altra sede senza il suo consenso (art. 33, c. 6,
L. 5 febbraio 1992, n. 104).
Il lavoratore che assiste un familiare con handicap in situazione di
gravità, che sia coniuge, parente o affine entro il secondo
grado ovvero entro il terzo grado (qualora i genitori o il coniuge
della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni di età
oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano
deceduti o mancanti), ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede
di lavoro più vicina al domicilio dell’assistito e
non può essere trasferito senza il suo consenso (art. 33, c.
5, L. 5 febbraio 1992, n. 104). Recentemente le Sezioni Unite della
Cassazione hanno chiarito che il diritto del lavoratore, che assiste
con continuità un portatore di handicap, di scegliere la
sede di lavoro e di non essere trasferito senza il proprio consenso non
si configura come assoluto ed illimitato, giacché esso –
come dimostrato anche dalla presenza dell’inciso “ove possibile”
– non può essere fatto valere quando, alla stregua
di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi
costituzionalmente rilevanti, il suo esercizio finisca per ledere in
maniera consistente le esigenze economiche, produttive od organizzative
del datore di lavoro sul quale grava l’onere della prova delle
circostanze ostative (Cass., S.U., 27 marzo 2008, n. 7945).

Prolungamento del congedo parentale
La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre (anche
adottivi o affidatari) di minore con handicap in situazione di
gravità accertata ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104,
hanno diritto al prolungamento del congedo parentale fino al terzo anno
di età del bambino, a condizione che lo stesso non sia
ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati (art. 33, c. 1,
D.Lgs. n. 151/2001).
Il prolungamento del congedo decorre dal termine del periodo massimo di
congedo parentale previsto dall’art. 32, D.Lgs. 26 marzo
2001, n. 151 (10 mesi complessivi tra i genitori ovvero 11 se il padre
si astiene per almeno tre mesi).
In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i
riposi giornalieri di cui all’art. 42, c. 1, D.Lgs. 26 marzo
2001, n. 151 (art. 33, c. 2, D.Lgs. n. 151/2001), esaminati al
paragrafo successivo.
Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro
genitore non ne abbia diritto.
Resta fermo il diritto di fruire del congedo parentale fino al
compimento di 8 anni età del bambino (v. però
T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, 22 febbraio 2007, n. 595).
Durante il prolungamento, spetta un’indennità
giornaliera a carico INPS pari al 30% della retribuzione, per un
periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi; in tale periodo
non maturano le ferie né la tredicesima mensilità
(M.L., lettera circolare 6 febbraio 2006).

Riposi giornalieri
I genitori lavoratori con figli portatori di handicap grave, in
alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale
illustrato al paragrafo precedente, possono usufruire di un permesso
giornaliero di due ore (ovvero di un’ora, se
l’orario di lavoro giornaliero è inferiore alle
sei ore), fino al compimento del terzo anno di età del
bambino (art. 42, c. 1, D.Lgs. n. 151/2001; art. 33, c. 2, L. n.
104/1992).
Il permesso spetta al genitore lavoratore anche quando l’altro genitore
non ne ha diritto (e quindi anche se quest’ultimo non svolge
attività lavorativa) e può essere cumulato con il
congedo parentale ordinario e con il congedo per malattia del figlio.
Lo stesso genitore non può utilizzare nella stessa giornata
i permessi orari e il congedo parentale, mentre è possibile
che un genitore usufruisca dell’astensione facoltativa e
contemporaneamente l’altro benefici dei permessi.
Nel caso del genitore con due figli disabili il permesso giornaliero
compete in misura doppia (Cass. 25 febbraio 2010, n. 4623).
Per i permessi spetta un’indennità di ammontare
pari alla retribuzione, che viene anticipata dal datore di lavoro per
conto dell’Inps e comprende la gratifica natalizia e le altre
mensilità aggiuntive (M.L., lettera circolare 6 febbraio
2006).

Congedo straordinario
Ai familiari di soggetti con handicap in situazione di
gravità che abbiano titolo a godere dei benefici di cui alla
legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono riconosciuti, alternativamente,
congedi straordinari – entro 60 giorni dalla richiesta
– della durata massima di due anni nell’arco della
vita lavorativa e non utili ai fini dell’anzianità
di servizio (art. 42, c. 5, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151).
Hanno titolo a fruire dei benefici in argomento i lavoratori dipendenti
secondo il seguente ordine di priorità (Inps, circ. 3 agosto
2007, n. 112):
a) il coniuge della persona gravemente disabile qualora convivente con
la stessa;
b) i genitori, naturali o adottivi e affidatari, del portatore di
handicap grave nel caso in cui si verifichi una delle seguenti
condizioni:
– il figlio non sia coniugato o non conviva con il coniuge;
– il coniuge del figlio non presti attività lavorativa o sia
lavoratore autonomo;
– il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a godere per lo
stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame.
La fruizione del beneficio spetta per i figli minorenni anche in
assenza di convivenza, mentre per i figli maggiorenni, in assenza di
convivenza, è necessario che l’assistenza sia
prestata con continuità ed esclusività.
c) fratelli o sorelle – alternativamente –
conviventi con il soggetto portatore di handicap grave, in caso si
verifichino le seguenti due condizioni:
– entrambi i genitori siano deceduti o totalmente inabili;
– il fratello portatore di handicap grave non sia coniugato o non
conviva col coniuge, oppure, laddove sia coniugato e convivente col
coniuge, ricorra una delle seguenti situazioni: il coniuge non presti
attività lavorativa o sia lavoratore autonomo; il coniuge
abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei
medesimi periodi del congedo in esame.
d) figlio convivente con la persona in situazione di
disabilità grave, in presenza delle seguenti quattro
condizioni:
– il genitore portatore di handicap non sia coniugato o non conviva con
il coniuge, oppure, se coniugato e convivente con il coniuge, ricorra
una delle seguenti situazioni: il coniuge non presti
attività lavorativa o sia lavoratore autonomo; il coniuge
abbia espressamente rinunciato ad usufruire per lo stesso soggetto e
nei medesimi periodi del congedo in esame;
– entrambi i genitori del portatore di handicap siano deceduti o
totalmente inabili;
– il genitore portatore di handicap non abbia altri figli o non conviva
con alcuno di essi, oppure, nel caso di figli conviventi, ricorra una
delle seguenti situazioni: i figli (diversi dal soggetto che richiede
il congedo) non prestino attività lavorativa o siano
lavoratori autonomi; i figli abbiano espressamente rinunciato ad
usufruire del congedo in esame per il genitore nel medesimo periodo;
– il portatore di handicap non abbia fratelli o non conviva con alcuno
di essi, oppure, nel caso di  fratello convivente, ricorra una
delle seguenti situazioni: il fratello non presti attività
lavorativa o sia lavoratore autonomo; il fratello abbia espressamente
rinunciato ad usufruire per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi
del congedo in esame (Corte cost. sentenza n. 19/2009, Inps circolare
n. 41/2009).
Non è necessario dimostrare
l’impossibilità di prestare assistenza da parte di
altri familiari conviventi, stante l’esclusiva
riconducibilità all’autonomia privata e familiare
della scelta su chi, all’interno della famiglia del portatore
di handicap, debba prestargli assistenza (Inps circ. 3 agosto 2007, n.
112).
Il Ministero del lavoro considera riconducibili al concetto di
“convivenza” le ipotesi in cui sia il disabile sia
il soggetto che lo assiste hanno la residenza nello stesso stabile
anche se abitano in appartamenti diversi (ML lettera circolare n.
3884/2010).
Il congedo straordinario può essere fruito dal lavoratore
per fornire assistenza alla persona disabile anche nel caso in cui
questa, nel medesimo periodo di tempo, svolga attività
lavorativa (ML risposta a interpello n. 30/2010).
Qualora il lavoratore usufruisca del congedo per un periodo
continuativo non superiore a 6 mesi, ha diritto ad utilizzare permessi
non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario
che avrebbe maturato nello stesso arco di tempo lavorativo (art. 1, c.
1266, L. 27 dicembre 2006, n. 296).
Il congedo spetta anche quando l’altro genitore non ne ha
diritto (e quindi anche se non svolge attività lavorativa) e
non può essere fruito contemporaneamente al congedo
parentale, mentre può essere concesso ad un genitore nello
stesso periodo in cui l’altro genitore fruisca del congedo di
maternità o del congedo parentale per il medesimo figlio
(Inps, mess. 20 settembre 2007, n. 22912).
Il congedo straordinario può essere fruito dai lavoratori
che prestano attività con orario ridotto in relazione
all’intervento della cassa integrazione o alla stipulazione
di contratti di solidarietà. La richiesta di congedo
straordinario è ammissibile anche nel caso di sospensione
totale se la domanda viene presentata prima che l’azienda
abbia collocato il personale in cassa integrazione a zero ore (ML
risposta a interpello n. 70/2009, Inps messaggio n. 27168/2009).
Indennità a carico Inps
Per usufruire dei congedi l’interessato deve presentare
domanda all’INPS, corredata della documentazione che
giustifica la richiesta.
Il richiedente, durante il periodo di congedo, ha diritto a percepire
un’indennità corrispondente all’ultima
retribuzione che viene anticipata dal datore di lavoro secondo le
modalità previste per la corresponsione dei trattamenti
economici di maternità e all’accredito di
contribuzione figurativa.
Nei casi di sospensione parziale dell’attività
lavorativa per riduzione di orario (con intervento Cig o in regime di
solidarietà) l’indennità prevista per
il congedo straordinario deve essere parametrata alla retribuzione
corrisposta in funzione dell’effettiva prestazione lavorativa
(come nel caso di contratto part-time, v. circolare Inps n. 64/2001).
Il tetto massimo complessivo dell’indennità e
dell’accredito figurativo è pari ad euro 36.151,98
per il 2001, rivalutato annualmente sulla base delle variazioni
dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai e impiegati (art. 42, c. 5, D.Lgs. n. 151/2001;
L’ammontare di queste due voci, determinato prendendo a
riferimento l’importo complessivo annuo stabilito dalla legge
e l’aliquota pensionistica i.v.s. vigente per lo stesso anno
nell’ordinamento pensionistico interessato, è
riportato nel prospetto che segue.
La differenza fra l’importo complessivo annuo e il valore
ottenuto dalla predetta operazione costituisce il costo massimo della
copertura figurativa annua.

Anno

Importo
complessivo annuo

Importo
massimo annuo dell’indennità *

Fonte

2004

38.969,64

29.367,00

 

Circ. Inps n. 14/2007

2005

39.749,03

29.954,00

2006

40.424,77

30.463,00

2007

41.233,26

31.002,00

Circ. Inps n. 83/2007

2008

41.934,23

31.529,00

Circ. Inps n. 48/2008
Circ. Inps n. 52/2008

2009

43.276,13

32.538,00

Circ. Inps n. 36/2009

2010

43.579,06

32.766,00

Circ. Inps n. 37/2010

* Ammontare massimo annuo
dell’indennità liquidabile nel caso in cui la
retribuzione dell’ultimo mese di lavoro precedente al congedo
(comprensiva dei ratei delle mensilità aggiuntive),
rapportata ad anno, risulti pari o superiore al predetto valore. Se la
retribuzione di riferimento risulta inferiore,
l’indennità viene liquidata nel suo ammontare
effettivo (Inps circ. n. 14/2007).

 

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale
lavoro
, Novecento Media)

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