Spamming, gli aspetti legali e normativi

Cosa dice la legge e come l’utente può difendersi utilizzando strumenti quali la segnalazione e il ricorso.

Attraverso l’adozione del Codice sulla privacy, del decreto che protegge i consumatori nei contratti a distanza e del decreto legislativo che regola la pubblicità a distanza, il nostro Paese si è dotato di un impianto normativo che ha fornito all’utente ulteriori ed efficaci strumenti di difesa dallo spamming.

In linea generale, è vietato l’utilizzo della posta elettronica e del fax per inviare materiale commerciale al consumatore, mentre il soggetto giuridico che detiene dati personali deve essere stato autorizzato al trattamento elettronico ed aver acquisito il preventivo consenso della persona cui i dati si riferiscono.

In ogni caso, così come specificato dal Decreto Legge a tutela dei consumatori, il proporre prodotti e servizi via e-mail implica necessariamente che vi sia la concreta possibilità di stipulare un contratto a distanza.

L’e-mail è un dato personale
Sulla base di quanto stabilito dalla legge sulla “Tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali” e così come deliberato dal Garante per la protezione dei dati personali, l’indirizzo di posta elettronica è da considerarsi come dato personale e rientra quindi in “qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale” e come tale soggetto alla tutela della legge.

Lo stesso Garante ha decretato che in assenza di esplicito e preventivo consenso, è illecito adoperare e-mail prelevate da forum, newsgroup, siti Internet, mailing-list, ecc., in quanto le stesse, non facendo parte di elenchi pubblici, non sono soggette ad alcun regime giuridico di piena conoscibilità da parte di chiunque.

Il Decreto Legge nr. 171 del 1998, recante “Disposizioni in materia di tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, in attuazione della direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, ed in tema di attività giornalistica”, stabilisce all’articolo 10 che “l’uso di un sistema automatizzato di chiamata senza intervento di un operatore o del telefax per scopi di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale interattiva, è consentito con il consenso espresso dell’abbonato”, in tale contesto va sottolineato che anche l’utilizzo della posta elettronica va annoverato tra i sistemi automatizzati.

Lo spamming è un’attività illecita

Lo spamming si configura come un’attività illecita, in quanto viola espressamente le disposizioni presenti nella direttiva comunitaria 2002/58/CE e nel Testo Unico in materia di protezione di dati personali.

L’articolo 130 del Codice della privacy e l’articolo 13 della direttiva comunitaria 2002/58/CE, entrambi rubricati come “comunicazioni indesiderate”, stabiliscono che l’invio di materiale promozionale possa essere consentito esclusivamente nei confronti di utenti che abbiano preventivamente espresso il proprio consenso.

Lo stesso articolo 13 della citata direttiva prevede, comunque, alcune deroghe, che accordano la possibilità di inviare e-mail pubblicitarie anche a prescindere dal consenso espresso del destinatario del materiale (se i soggetti destinatari delle comunicazioni commerciali sono clienti dello spammer, qualora il mittente sia un soggetto che svolge un’attività economica, qualora chi procede all’invio dei messaggi indesiderati abbia ottenuto direttamente dai propri clienti il relativo recapito di posta elettronica).

Rimane invariato che è diritto dell’utente essere sempre informato sull’utilizzo che verrà fatto del suo indirizzo di posta e che egli deve comunque sempre poter avere la possibilità di opporsi a tale impiego.

L’articolo 9 del D.lgs. n.70 del 2003 sul commercio elettronico stabilisce, inequivocabilmente, che le comunicazioni commerciali non richieste inviate attraverso messaggi di posta elettronica, devono essere individuabili come tali sin dal momento in cui il destinatario le riceve nella propria mailbox e devono necessariamente riportare l’indicazione che il destinatario del messaggio ha facoltà di opporsi, per il futuro, al ricevimento di comunicazioni della specie.

Dal punto di vista sanzionatorio, l’attività di spamming configura la fattispecie di cui all’articolo 161 del Codice sulla privacy e ad essa risulta applicabile la sanzione amministrativa di omessa informativa (di cui all’art 13), la quale va da un minimo di 3.000 euro ad un massimo di 18.000 euro e viene erogata dall’autorità Garante per la protezione dei dati personali, solo qualora per la medesima vicenda non sia già stata adita l’Autorità Giudiziaria.

In definitiva, quindi, l’utente ha la facoltà di tutelarsi dallo spammer su diversi livelli e con differenti modalità:

  • segnalare lo spammer al relativo internet service provider;
  • presentare un esposto all’Autorità Giudiziaria;
  • avanzare un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali.

Segnalazione e ricorso
In particolare, esistono due differenti modalità di accesso alla tutela sulla protezione dei dati personali: la segnalazione ed il ricorso.

La prima può essere realizzata mediante lettera indirizzata direttamente al Garante, spiegando in maniera dettagliata l’accaduto, il Garante dovrà quindi attivarsi d’ufficio affinché abbiano termine le violazioni.

Va specificato che i diritti previsti dalla legge sulla privacy possono essere fatti valere dinanzi all’Autorità Giudiziaria o con ricorso al Garante, così come stabilito dall’articolo 29 “…il ricorso al Garante non può essere proposto qualora, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, sia stata già adita l’autorità giudiziaria…”.

Qualora si presenti ricorso, l’esponente potrà vedere soddisfatta la propria azione oltre che con il possibile risarcimento del danno subito, anche con la condanna dello spammer a sanzioni amministrative (articoli 29 e 32 del Codice sulla privacy) e penali (articoli 34, 35, 37 e 38 del Codice sulla privacy. In tal caso sono previste pene detentive che vanno da 3 mesi a 3 anni).

Dal punto di vista pratico, qualora si riesca ad individuare chi sta effettuando lo spamming e soprattutto si tratti un soggetto italiano e non ubicato all’estero, dopo aver reperito un suo recapito fisico, andrà inoltrata la comunicazione di opposizione al trattamento dei propri dati di posta elettronica e l’ingiunzione di cancellazione dei propri dati dagli archivi del soggetto che sta effettuando il trattamento, così come previsto dagli articoli 7 e 8 del citato Codice sulla privacy.

L’utente ha diritto di conoscere (ed è lo spammer stesso a dover fornire le informazioni richieste) tutta una serie di informazioni: chi è il soggetto identificabile quale titolare del trattamento, quale è il fine e quali sono le modalità del trattamento, come e da chi sono stati acquisiti i dati detenuti. L’utente ha inoltre facoltà di segnalare il fatto direttamente all’internet service provider dello spammer.

Qualora lo spammer è straniero, la stessa metodologia può essere applicata in ambito comunitario.

Nel caso in cui lo spammer destinatario della missiva dovesse ugualmente continuare nella propria attività di invio di messaggi indesiderati, sarà possibile presentare il ricorso al Garante per la protezione dei dati personali, inviando copia delle e-mail ricevute, specificando l’esistenza di una mancata risposta alla richiesta ed evidenziando l’esistenza di una violazione al Codice sulla privacy.

In tale ricorso andrà infine richiesto l’intervento del Garante ed il risarcimento delle spese e dei diritti nei confronti dello spammer.

Ricevuta la comunicazione, il Garante intraprende le verifiche del caso e può richiedere di sentire personalmente l’esponente e lo spammer per acquisire ulteriori informazioni, documenti e memorie.

Trascorsi 30 giorni dalla ricezione del ricorso, il Garante determina i provvedimenti necessari che possono consistere in sanzioni amministrative o penali, ovvero nella condanna dello spammer al risarcimento delle spese e dei diritti, che verranno comunicati all’esponente, dopo circa 15 giorni.

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