Su Ethernet a 10 Gbit

Fluke ha presentato un tester che consente di capire se le reti in essere in rame sono pronte ai 10G

Le aziende iniziano ad adottare la tecnologia 10 Gigabit nelle reti Ethernet.
Si parte dal data center, poiché ancora non ci sono, tranne qualche rara eccezione, applicazioni che giustifichino un upgrade di velocità al desktop, dove oggi sono diffuse le schede a 1 Gbps. Il mercato è previsto in crescita, anche perché le aziende preferiscono guardare al futuro, in modo da essere già pronte quando se ne presenterà l’esigenza.

Perché tutto funzioni per il meglio, però, non è sufficiente sostituire switch e schede di rete: serve anche un cablaggio adeguato a supportare l’incremento di velocità. Quelli di rame in categoria 6 in teoria sono conformi, ma è sempre necessaria una verifica sul campo. «Quando è possibile – spiega Robert Luijten Emea marketing manager Infrastructure products di Fluke Networks – adottando il 10G è opportuno utilizzare l’infrastruttura in rame esistente, piuttosto che cambiarla, poiché il risparmio è notevole. Noi ci aspettiamo che la maggior parte delle reti siano pronte, ma molto dipende dalla lunghezza dei cavi. Per saperlo con certezza, è necessario effettuare i test».

Fluke, che è specializzata nelle soluzioni di testing, ha lanciato, a questo scopo, una soluzione che risponde appieno alle specifiche dello standard 10G, che è stato ratificato in via definitiva lo scorso giugno. Si tratta di un kit, composto da opportuni cavi, connettori e moduli di comunicazione, da utilizzare con gli apparati di test Dtx-1800 CableAnalizer, un prodotto già sul mercato che viene utilizzato per la certificazione dei cablaggi da 10 Mbps in su. Rispetto alle tecnologie Ethernet precedenti, infatti, il 10 Gigabit presenta un problema in più, chiamato “alien crosstalk” che consiste, in buona sostanza, in un’interferenza causata dai doppini nei riguardi degli altri cavi che sono ad esso affasciati.

Il sistema Fluke è in grado di analizzare se questo disturbo esiste senza dover testare tutte le possibili combinazioni di cavi (con 10 link sarebbero necessari 55 test, che diventano 10mila con 100 connessioni). Viene infatti utilizzato un algoritmo, inserito nel software fornito dall’azienda, che elabora i dati e consente di ottenere un risultato attendibile con un numero ridotto di misurazioni.

«Il cablaggio strutturato è sempre più importante – afferma Roberto Meschiari, distribution account manager di Fluke Italia – perchè viene usato per i dati ma anche per la voce, per la videosorveglianza e via dicendo, in modo integrato. La maggior parte dei nostri clienti sono installatori, ma abbiamo anche molti utenti finali, che effettuano test quando si verificano spostamenti di scrivanie o se c’è un problema». Si riesce così a capire se un cavo è piegato o è stato roso da un topo (pare che non sia infrequente): i tester sono in grado, infatti, di individuare e localizzare il problema, con una diagnostica accurata.

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