Secondo Confcommercio, le realtà più in difficoltà sono le microimprese, le aziende del Mezzogiorno, quelle che hanno sedi in comuni diversi o che utilizzano immobili di proprietà per l’esercizio dell’attività.
Le imprese italiane saranno chiamate a pagare nei
mesi di ottobre, novembre e dicembre imposte vecchie e nuove (Tari, Tasi e Imu
nella sua nuova formulazione). Il 60,3% delle imprese del terziario prevede
che si troverà in difficoltà per affrontare queste scadenze (percentuale che
sale al 91% per le imprese del turismo). Difficoltà dovute, in particolare,
all’entità degli importi richiesti per il pagamento delle imposte
(74,3%) e per l’ingorgo generato dalle molte scadenze, concentrate in un lasso
di tempo molto breve (64,8%). Lo sostiene Confcommercio che, in collaborazione con Format Ricerche, ha
realizzato l’indagine “L’autunno del fisco”.
A pochi
giorni dall’appuntamento con il pagamento della Tasi, solo il 26,9% delle
imprese del terziario è a conoscenza dell’importo da versare e oltre il 60%
registra un aumento dei costi burocratici per fare fronte a questo obbligo,
tanto che quasi un’impresa su due pagherà la tassa con difficoltà; per oltre un
terzo delle imprese, inoltre, si tratta di un’imposta iniqua perché l’importo
da pagare non è commisurato alla qualità dei servizi ricevuti da parte del
proprio Comune.
Oltre alla Tasi e ad altri tributi, si dovrà pagare anche la
Tari, la nuova imposta sui rifiuti, che, a
causa soprattutto della complessità e dell’incertezza (il 70% non ha ancora
ricevuto i bollettini precompilati da parte del proprio Comune), per la maggior parte delle imprese presenta
adempimenti amministrativi eccessivamente onerosi.
Come per la Tasi, anche in
questo caso l’importo da pagare non è ritenuto equo dalla stragrande
maggioranza delle imprese (quasi l’86%) e la sua introduzione comporterà per 1
impresa su 4 un aggravio di oltre il 100% in più rispetto a quanto si pagava prima.
Insomma, il peso e la complessità del fisco sulle imprese, soprattutto quelle
del terziario di mercato, non accennano a diminuire e l’aumento della pressione
fiscale, avvertito negli ultimi due anni dalla quasi totalità delle imprese,
nell’80% dei casi ha inciso negativamente sulla loro crescita limitandone la
possibilità di fare investimenti e nuove assunzioni.