Tlc, ancora eccessivo il peso degli incumbent

Rappresentanto il 71% del mercato europeo. E la cosa non va giù al commissario Viviane Reding che richiama all’ordine gli operatori e le politiche nazionali: “La regulation non si può sospendere a piacimento”.

Il discorso, Viviane Reding, lo ha tenuto sabato pomeriggio a Venezia, in occasione dell’incontro dei Ceo dell’associazione degli operatori Tlc europei, ma solo nella giornata di ieri è stato pubblicato integralmente sul sito dell’Unione Europea.

Un discorso importante, a tratti anche duro, nel quale il Commissario europeo per le Tlc non ha risparmiato critiche e rilievi ai principali player e in particolar modo agli ex incumbent.

Fin dall’inizio, commentando il parterre de roi riunito per l’occasione, Viviane Reding ha lanciato l’affondo: l’aver riunito i principali player, i tre membri del Parlamento Europeo, il presidente del Regulator Group europeo, membri della Commissione europea, l’aver esteso l’invito ad operatori e regolatori statunitensi è di per sè la conferma dell’enorme influenza che tuttora hanno gli incumbent, tanto che, a ben guardare, quando si tratta di legiferare la posizione della maggior parte dei ministeri delle Tlc europei a fatica si discosta da quella degli incumbent.

E’ una questione storica, – riconosce la Reding, che differenzia l’Europa, con i suoi 27 incumbent, dagli Stati Uniti”. E sicuramente, proprio la storia, il cammino a tappe forzate da situazioni monopoliste verso il mercato aperto, ha fatto sì che tradizionalmente non ci fosse “corrispondenza di amorosi sensi” con l’Unione Europea.
Parla proprio di amore (love), il commissario, che tuttavia rivendica un approccio decisamente più soft rispetto alle drastiche scelte statunitensi del 1984. Un approccio più soft che richiede necessariamente tempi più  lunghi ed è per questo che per Viviane Reding siamo ancora in un processo in essere.
E qui l’affondo si fa più circostanziato. Si parla di sistemi regolatori differenti per ciascun Paese in materia di Tlc, si parla di inesistenza di servizi “cross-border”, si parla di troppi incumbent nei quali i singoli Stati ancora detengono quote importanti.
Le cifre parlano chiaro. Il mercato è ancora troppo sbilanciato a favore degli incumbent, che rappresentano, insieme, il 71% del fatturato Tlc complessivo dell’Unione, e il 72% degli investimenti.

L’eccessivo peso degli incumbent condiziona pesantemente la competitività nel mercato Tlc, soprattutto se si considera l’allargamento verso il mobile di gran parte degli operatori.

E questo a Viviane Reding non piace. E lo dice a chiare lettere, ben sapendo di affermare qualcosa di poco gradevole per la platea che le sta di fronte.

Ed è a questo punto che il commissario lancia le stoccate più decise.  “Per qualcuno di voi il termine regulation rappresenta qualcosa che si può sospendere a piacimento. Magari adesso, di fronte alla crisi economica, come qualcuno mi ha chiesto“.

Una volta per tutte, Viviane Reding afferma la sua convinzione della necessità di una regulation, favorevole alla concorrenza e per altro positiva proprio in tempo di crisi.
I tempi in cui voi e i vostri lobbysti potevate semplicemente affermare il vostro no alla regulation, certi di avere dalla vostra politica e opinione pubblica sono finiti“.

Sul tavolo, ne è consapevole la Reding, ci sono le reti di nuova generazione. E per questo parla di approccio flessibile e di incentivi, purchè nel quadro di un approccio comune al tema.

Lamenta una mancanza di visione negli operatori europei, il Commissario. E constata quanto sia lontana per loro l’idea di un mercato unico.
Gli americani vengono da me e parlano dell’Europa come di un mercato unico. Non vi stupisce che solo loro si mostrino desiderosi di fare business in tutta Europa.Solo loro hanno un business model che consente di offrire servizi in 5, 10 o anche più Paesi rimanendo profittevoli?

La visione di mercati Tlc nazionali, così radicata in molti ministeri , è un “nonsense”.
Stiamo parlando di un settore nel quale il business si basa sulla copertura radio e su Ip, dunque su risorse tecniche che, per definizione, non hanno confini economici. Così come non hanno confini le esigenze degli utenti di fruire di servizi di comunicazione trasparente ovunque si trovino in Europa“.

Se la barriera non è tecnologica, è l’ovvia conclusione, allora è politica e dipende dai 27 ministeri nazionali.
Certo, sul breve termine vi possono essere anche delle convenienze nell’invocare protezioni e aiuti nazionali e probabilmente questo per un certo periodo potrebbe anche rappresentare una forma di protezione nei confronti dalla concorrenza che arriva dall’esterno. A lungo andare diventa però controproducente per l’intero sistema europeo. L’assenza di un mercato unico europeo delle Tlc costa“.
E il costo, secondo uno studio citato dalla Reding, si aggira sui 20 miliardi di euro l’anno. Per questo non c’è tempo da perdere. “Oggi gli incumbent attribuiscono una quota compresa tra il 5 e il 27% del loro business alle attività esterne al loro Paese d’origine. C’è spazio per crescere. Ma come può oggi un operatore francese investire in Spagna se i regolamenti sul next generation access divergono in modo sostanziale?”

Bisogna lavorare per un comparto sano e capace di investire su larga scala su tutto il territorio dell’Unione. E questo può avvenire solo in un contesto di regole uniche e condivise attraverso l’Ue. Ed è questo che gli incumbent devono chiedere con forza ai loro ministeri nazionali.

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