La customizzazione è stata a lungo presentata come la panacea per vendere sul Web, ma un’eccessiva individualizzazione dei contenuti, che rischia di sconfinare nella totale anarchia di scelta degli internauti, genera ancora un po’ di inquietudine.
Personalizzazione pare essere la parola d’ordine di chi si muove in Rete; la visione “one-to-one” non fa più paura. L’esperienza ha evidenziato i lati positivi di questa tecnica commerciale, che favorisce la conversione dei visitatori in acquirenti, ma sono emersi anche i limiti, primo fra tutti il costo, elevato se confrontato con quello dei software di commercio elettronico. La messa a punto di regole di customizzazione necessita, a monte, di un grosso lavoro di riflessione e di competenze informatiche. Amazon.com è uno dei rari siti a praticare con successo un buon filtraggio collaborativo.
La personalizzazione, infatti, costituisce un atout, ma non è sufficiente per garantire il successo di un negozio online. D’altra parte, chi opera sul Web si preoccupa di collegare il sito al proprio sistema informativo e di assicurare l’aumento di carico in modo da fornire l’informazione, la più mirata possibile, al cliente.
Relegato inizialmente in secondo piano, questo percorso è ora sempre più battuto. Il “pioniere” del settore, Broadvision, che ha chiamato il proprio software di commercio elettronico One-to-One Enterprise, ha avuto alcuni emuli: oggi tutti gli sviluppatori di e-commerce hanno integrato un motore di regole e lo stesso vale per gli editor di application server come Ibm e Bea. Allo stesso tempo, sono apparsi software più economici che rendono la personalizzazione accessibile a un più ampio ventaglio di siti Web. La semplificazione dell’offerta software e il decollo del commercio elettronico hanno creato le condizioni per l’adozione su vasta scala delle utility di personalizzazione. D’altra parte, la curva di adozione di queste tecnologie segue di pari passo quella dell’e-commerce: massiccio entusiasmo all’epoca della sua apparizione, messa in discussione nel momento in cui sono apparsi i primi insuccessi e successivo ritorno dell’interesse.
Un’alternativa economica
Le attività di personalizzazione dei siti Web costano care, anche se si adottano suite di commercio elettronico o software specializzati. Le società di servizi, tuttavia, propongono anche soluzioni più economiche per far intraprendere questa via, seguendo due differenti approcci. In base a quello esplicito, l’utente inserisce da sé il proprio profilo attraverso un form. Secondo quello implicito, le pagine vengono contrassegnate per seguire le azioni del navigatore sul cui hard disk è generalmente depositato un cooky, al fine di identificare anche le visite successive.
Lontana dalle tecniche più evolute, come ad esempio il filtraggio collaborativo, la personalizzazione Web, in genere basata sullo sviluppo, si caratterizza per la semplicità tecnica. Questo non influisce sull’efficacia ma, in effetti, limita le potenzialità evolutive. Si tratta, però, di un inconveniente minore poiché le imprese praticano la politica dei piccoli passi: si mette a punto un primo strato di personalizzazione basandosi sull’esperienza di marketing, quindi si analizzano i risultati e, infine, si procede ad “aggiustare il tiro”, modificando la struttura sulla base degli insegnamenti tratti dai frequentatori del sito.
Tuttavia, una personalizzazione eccessiva rischia di nuocere al business. Se le soluzioni sviluppate mostrano dei limiti le imprese hanno il tempo di intervenire, ma occorre mettere in preventivo da 6 a 12 mesi per mettere a punto un progetto di questo tipo. Il mezzo più efficace per raccogliere le informazioni sul navigatore è quello di chiedere allo stesso di definire il proprio profilo. Questo tipo di prassi, esplicitamente qualificata, è senza dubbio la più diffusa, non richiedendo alcun software specifico, ma soltanto un database per memorizzare gli aspetti dei visitatori del sito. Tale metodo presenta, però, un inconveniente. Il tasso di risposta è scarso: solo una percentuale compresa tra il 5 e il 10% degli internauti accetta di inserire online le proprie caratteristiche distintive. Proporzione che varia, comunque, in funzione dell’interesse degli utenti per il contenuto. Su siti “di passaggio”, come i portali, è più difficile attirare il navigatore. In compenso, questi acconsentirà più volentieri a perdere qualche minuto per riempire una quindicina di campi su siti mirati.
Fine di un monopolio
La gestione delle regole che determinano a priori il profilo del navigatore si è generalizzata assieme ai software di commercio elettronico. Proposta come standard nei server di applicazioni, è diventata un building block che si ritrova sempre più spesso nelle suite degli editor di e-commerce. Sul piano della flessibilità di utilizzo, le funzioni di personalizzazione dei software specializzati sopravanzano di un’incollatura quelle delle utility di infrastruttura.
Il prodotto di punta di Broadvision, promotore della personalizzazione avanzata, rimanda sempre a One-to-One. Ma la società non ne fa più il principale argomento di marketing. La maggior parte dei competitor, poi, adatta automaticamente il contenuto del sito al profilo del navigatore.
Tutti i software dispongono, quindi, di un modulo di gestione delle regole, così come gli specialisti dell’infrastruttura, sempre più vicini al commercio elettronico, hanno arricchito i propri server applicativi con funzioni di personalizzazione. Questo è vero soprattutto per i grossi nomi del settore, come Ibm, Bea Systems e iPlanet, anche se non ha impedito a software come quello di Broadvision di conservare sempre un vantaggio in termini di gestione della personalizzazione, puntando sulla semplicità.
Le società di servizi si mostrano, invece, più scettiche: qualcuna afferma che le funzioni di personalizzazione non sono utilizzabili al 100% dagli utenti non-informatici. Ma, nonostante ciò, le argomentazioni degli editori hanno fatto centro presso le imprese.
La flessibilità di utilizzo del motore delle regole mantiene ancora ben distinti i software di commercio elettronico dai server d’applicazioni. Così Websphere Commerce Suite, la soluzione di Ibm basata sull’application server proprietario, ha un nuovo modulo di gestione delle regole, che è stato preso da Blaze Software e reso più agevole da utilizzare. L’obiettivo di Big Blue è chiaro: aprire il software a un maggior numero di utenti per accelerare la messa a punto delle campagne marketing. Anche Bea ha rivisto le funzioni di personalizzazione associate al server di applicazioni Weblogic Commerce Server. La società ha abbandonato il software Jrules di Ilog per realizzare un proprio motore. Quest’ultimo contiene i software di gestione dei contenuti Interwoven o Documentum, aziende con le quali Bea ha concluso degli accordi.
L’influenza degli application server si sta manifestando in modo sempre più evidente e la gestione delle regole in futuro sarà gestita dai software di applicazioni come già avviene per altre funzioni. Questo punto di vista è condiviso dagli specialisti della gestione dei contenuti come Vignette, prerogativa che ha portato il vendor ad abbandonare Broadvision e a far ricorso agli editori di server di applicazioni J2Ee per procedere all’apertura del software.
Riunire i dati sul cliente
Le utility decisionali sembrano essere indispensabili per affinare la conoscenza di un’impresa e dei clienti. Per fornire tutta la potenza di cui dispongono, necessitano, tuttavia, di fondere in un data warehouse l’insieme dei profili dispersi in applicazioni multiple. Le utility di Etl (Extraction trasformation and loading) consentono di consolidare questi dati. E gli insegnamenti tratti dalla loro analisi possono essere reinseriti nel motore di regole che gestisce la personalizzazione.
Le imprese utenti, infatti, stanno facendo il possibile per riuscire a conoscere il maggior numero possibile di dati riguardanti i clienti. Allo stato attuale, database relazionali, carte fedeltà, call center e posta elettronica costituiscono fonti dispersive e difficilmente gestibili. Tuttavia, sono ricche di informazioni, a condizione di riuscire a consolidarle attraverso approfonditi studi. È questo il ruolo delle utility di supporto alle decisioni che analizzano le informazioni sul cliente, comprese quelle recuperate sul nuovo canale commerciale rappresentato dal Web. Definite come “gestione analitica della relazione cliente”, le soluzioni combinano l’Etl e il datamining (processo di estrazione della conoscenza a partire da un insieme di dati eterogenei).
Secondo molti analisti, il mercato delle applicazioni analitiche dovrebbe far registrare un incremento di circa il 30% annuo da qui al 2004. Basandosi su connettori e strumenti di messaggistica interapplicativa (Msmq, MqSeries e così via) le utility di Etl, come Datastage di Ascential, Powermart di Informatica e Actaworks di Acta, si convertono in vere utility di integrazione e orchestrazione dei flussi circolanti tra applicazioni. Queste estraggono i dati da differenti sorgenti per riunirli in un deposito di dati, generalmente rappresentato dal sistema di data warehouse. Le utility di datamining si fanno, infine, carico di analizzare le informazioni memorizzate nel data warehouse, al fine di stabilire delle correlazioni tra tali dati. Basandosi su anni di esperienza con il cliente, l’analisi è semplificata tramite rapporti predefiniti per lo studio dei comportamenti. In questo settore, ritroviamo gli attori più attivi dell’informatica decisionale: Business Objects, Ibm, Microstrategy, PeopleSoft, Siebel.
Le utility di datamining restituiscono i risultati sotto forma grafica e, tramite questi, l’amministratore crea scenari che dovranno, poi, essere applicati ai motori di regole del catalogo online. Certe soluzioni, come quella di Microstrategy, includono dei tag per inserire direttamente i risultati nei motori di regole tra cui quelli di Broadvision o Siebel. Tuttavia, l’inserimento delle regole si fa raramente in tempo reale in quanto necessita di sviluppi impegnativi. A meno di combinare, all’interno di una stessa offerta, datamining e motore di regole. Il catalogo online raccoglie direttamente le specifiche di personalizzazione nelle soluzioni di datamining.
Stabilire i profili degli utenti
Il dibattito tra segmentazione a priori oppure “on-the-fly” dei visitatori di un sito Web non è ancora ben definito. Nonostante sia la prima tecnologia quella che sembra imporsi, la seconda continua a raccogliere consensi.
È però vero che il filtraggio collaborativo o Acp (Automatic collaborative profiling) elimina alcuni punti di gestione delle regole e permette di personalizzare il contenuto in funzione delle aspettative momentanee dell’internauta. La scelta migliore sarebbe quella di associare entrambe le tecnologie. La personalizzazione a priori, però, non è sufficiente. Nell’arco di un giorno, infatti, una stessa persona è vista come una moltitudine di individui differenti, padre di famiglia, collaboratore dell’azienda, appassionato di calcio e così via. Per essere efficaci, le regole di personalizzazione devono, quindi, essere determinate in tempo reale.
Alcuni editori, quali Net Perceptions, Engage o Macromedia, hanno attualmente a catalogo utility di personalizzazione implicite “on-the-fly”, basate su tecnologia Acp che mira ad avvicinare il comportamento di un visitatore a quello di un gruppo di individui che condividono gli stessi centri di interesse. A partire da ciò, diventa possibile fornire consigli mirati per gli acquisiti. Nella pratica, il motore di regole che definisce a priori la personalizzazione può essere combinato al motore Acp, il quale passa il profilo determinato al motore di regole. Quest’ultimo può, quindi, effettuare la corrispondenza tra il profilo e i prodotti o i contenuti da restituire.
L’utilizzo di utility di questo tipo non si limita al Web: può, infatti, anche attivare l’invio automatico della posta elettronica, servire da motore di gestione della conoscenza in intranet o, ancora, assicurare il sostegno dei teleoperatori suggerendo loro i prodotti da proporre. Gli editori di server di applicazioni, focalizzati sul commercio elettronico, non sono del resto rimasti al palo ad aspettare gli eventi. La maggior parte incorpora già queste tecnologie performanti per facilitarne l’impiego: Websphere riprende Likeminds di Macromedia, Vignette il motore di Autonomy e così via.
Indispensabile studiare i clic
L’analisi comportamentale dei visitatori contribuisce all’arricchimento delle regole di personalizzazione. In questo senso, si impongono due tecnologie: gli analizzatori di file log e i software basati sui marcatori (tag). Gli analizzatori di log sono utilizzati internamente per elaborare le informazioni registrate dai server Internet. Ciascuna delle linee del file corrisponde a una richiesta Get Http (pagina Html, immagine, foglio di stile, libreria, JavaScript e altro ancora). Questi hit costituiscono, tuttavia, solo una misura puramente tecnica e non possono, quindi, essere utilizzati per le attività di marketing. L’arte dell’analisi dei log risiede nella capacità di studiare e aggregare questi hit in modo coerente.
Dal canto loro, le utility a base di tag apportano una maggiore flessibilità all’impresa e sono proposte da Application service provider (Asp) che giocano il ruolo di mediatori di fiducia e che garantiscono l’obiettività della misura. Il tag può essere posizionato direttamente all’interno dei componenti assemblati in modo dinamico dai server di applicazioni per costruire le pagine.
Esistono, infine, alcune utility, come Insight di Accrue Software, che traducono le Url complesse generate dai server di applicazioni in informazioni interpretabili da utilizzatori funzionali, e che in futuro meriteranno maggiore attenzione.