Blockchain è una tecnologia matura, perché è già da diversi anni sul mercato, e ha indubbiamente notevoli potenzialità per cambiare il modo di gestire diversi servizi. P
erò in questi anni il suo successo principale non è andato oltre la creazione delle cosiddette criptovalute come Bitcoin o Ether, anche se diversi nomi importanti dell’IT stanno sviluppando progetti per andare verso realizzazioni più articolate di queste.
Il nodo da sciogliere per far esprimere a blockchain la sua vera forza sta, secondo la software house Ifin Sistemi, nel garantire all’approccio dei ledger distribuiti le caratteristiche di affidabilità e tutela della riservatezza dei dati che è obbligatorio avere in alcuni settori.
Non è certo il modello sinora più diffuso delle blockchain trustless – ammette Giovanni Maria Martingano, Amministratore Delegato di Ifin Sistemi – ma l’assenza di garanzie “È un ernorme rischio per chi punta sulle informazioni per conquistare mercato o per realtà come le PA e le banche. Serve un approccio diverso con una infrastruttura chiusa in cui ci sono solo terze parti private, con una tecnologia che tutela la privacy nello scambio delle informazioni”.
Questa è in estrema sintesi la descrizione di TrustedChain, una rete privata che Ifin ha realizzato per gestire blockchain e che non è aperta a qualsiasi realtà. Vi possono infatti entrare solo i Trust Service Provider (TSP) italiani ed europei, quindi aziende che sono state accreditate da un governo europeo come in grado di erogare con affidabilità servizi digitali fiduciari come la conservazione documentale e l’erogazione e verifica delle firme elettroniche. In senso più ampio, TrustedChain ammette anche le aziende abilitate da AgID (l’Agenzia per l’Italia Digitale) per i servizi di conservazione digitale per la PA italiana.
L’idea è quella di creare una rete “di base” in cui tutti i partecipanti siano affidabili in partenza, realtà che – spiega Martingano – “fanno della protezione del dato il loro core business e hanno una struttura finanziaria adeguata a erogare servizi fiduciari nel tempo”.
Per queste realtà TrustedChain rappresenta una piattaforma tecnologica neutra: una rete che permette genericamente ai TSP di creare e gestire blockchain con la certezza che gli altri membri della rete sono “sicuri”. Ifin ci mette le sue tecnologie per la protezione della privacy nello scambio dei dati, mentre la piattaforma blockchain vera e propria è quella di Monax.
TrustedChain quindi non offre direttamente servizi agli utenti finali, ai quali invece si rivolgeranno i TSP. Idealmente ciascuno ha una competenza in un settore suo specifico e userà la rete blockchain per sviluppare le sue applicazioni verticali.
Gli ambiti possibili sono molti e spaziano dalla conservazione documentale al banking (qui anche grazie agli smart contract, che TrustedChain supporterà), dalla Sanità alla Pubblica Amministrazione passando anche per le applicazioni industriali.
La rete TrustedChain debutta con una decina di nodi che fanno capo a cinque realtà: Corvallis DM, CSE, Gestione Archivi, Plurima e Ifin Sistemi stessa. In Italia lo spazio di crescita della rete è garantito come minimo dal fatto che ci sono circa 75 aziende certificate per la conservazione digitale, Ifin sta poi sviluppando contatti con operatori di altre nazioni che sono interessati a replicare il modello nel loro Paese.