Succede che si copia ancora il software, nonostante la Legge, nonostante giudici e avvocati oggi siano un po’ più ferrati nella tutela del software. Può succedere che una azienda che ha sviluppato da tempo una buona app, che conta un numero importante di installazioni, premi e riconoscimenti, scopra che un concorrente, magari con l’ausilio di un cliente in cerca di facili risparmi, cloni la sua soluzione.
Oggi esistono tool automatici di reverse engineering capaci di riprodurre esattamente un software, se il codice non è stato adeguatamente protetto, ma non finisce qui. Capita, infatti che il tentativo di clonazione si estenda anche all’interfaccia.
Può passare se il corpo è lo stesso, insomma, ma il vestito almeno si dovrebbe avere la compiacenza di cambiarlo e, purtroppo, in tempi di app mobile la questione è tanto frequente quanto difficile da dirimere. Ma ci sono delle novità anche a questo proposito: la tutela dell’interfaccia e non più solo del codice.
Cosa fare per la tutela del software?
Per capirlo abbiamo chiesto a Simona Lavagnini, consulente legale Bsa Italia (Business Software Alliance) quali sono le dieci cose da sapere per la tutela del software e soprattutto della user interface.
- La normativa di riferimento
La tutela del software segue la legge sul diritto d’autore (22 aprile 1941 n. 633) ampliata e modificata negli anni anche a seguito del recepimento della Direttiva Europea 91/250/CEE, successivamente aggiornata. In pratica, la legge sul diritto d’autore protegge i programmi, il loro codice, al pari dei testi letterali. - L’espressione e non l’idea
Per tutela del software si intende la tutela del codice sorgente nel linguaggio in cui è scritto e la compilazione del programma. Si tutela anche la progettazione del software ma non l’idea in sé. Ovvero, si tutela la forma espressiva, come è realizzato e come viene “rappresentato” il software. - Il titolare non deve registrare
La regola generale è che il titolare dei diritti d’autore sul software realizzato è solo colui che lo ha creato, ovvero l’azienda che lo rappresenta. Anche senza bisogno di registrare eventuali brevetti. - Quando è libero utilizzo
Una sfumatura interessante è prevista dall’art. 64 che recita che non è necessaria l’autorizzazione del titolare dei diritti in alcuni casi: realizzazione di una copia di riserva, osservazione, studio e prova del funzionamento da parte di chi abbia regolarmente acquistato il software. - Garantire l’interoperabilità
Sempre l’art. 64 della legge sul diritto d’autore non prevede l’autorizzazione per chi voglia modificare la forma del codice (adattamento) per fini di interoperabilità con altri programmi (integrazione), e solo della forma necessaria, a patto che chi lo fa sia regolare licenziatario o acquirente del software e che le info necessarie non siano già disponibili (grazie alla disponibilità di Api, per esempio). - Massima riservatezza
Nel caso si renda necessario agire come al punto precedente, è vietato comunicare a terzi informazioni riservate riguardanti il software e, soprattutto, è vietato utilizzare le info per “lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un programma per elaboratore sostanzialmente simile nella sua forma espressiva” (insomma clonarlo). - L’interfaccia però?
Proteggere la forma espressiva significa proteggere anche l’interfaccia del software, come appare graficamente e le modalità di utilizzo da parte dell’utente? “dal punto di vista dell’utilità e della tecnica informatica” recitano le interpretazioni. Vedremo che la questione non è semplice. - Un’opera a sé
Secondo una sentenza recente l’interfaccia utente è essa stessa un’opera protetta dalla legge sul diritto d’autore e, dunque, non è riconducibile a “forma espressiva” come definita in precedenza ma piuttosto a un quadro, per esempio, riferendo il tutto al confronto tra due opere simili, al netto dei colori delle icone, per esempio, della loro posizione e della loro funzione. - Mica facile
Dimostrare, però, che un’interfaccia è stata palesemente copiata, o che la “coincidenza creativa” sia effettivamente una coincidenza, richiede alcune accortezze. Intanto la sentenza del Tribunale di Milano del 1 agosto 2016 (Business Competence Vs Facebook) crea un precedente molto importante perché ha definito alcuni parametri utili a dirimere la controversia. Importante, dunque, studiarsela e preparare le evidenze necessarie a un eventuale dibattito. - Sede civile e sede penale
Il volume delle controversie negli anni ha permesso ai tribunali di definire un percorso in sede civile, molto veloce e risolutivo nella maggioranza dei casi, che permette, a fronte della presentazione della documentazione opportuna, di ottenere atti inibitori in poche settimane, il sequestro del software e la pubblicazione della sentenza sul sito della controparte. Ma, soprattutto, l’autorizzazione per il titolare ad accedere ai computer della controparte senza preavviso per acquisire e studiare il software ai fini probatori. Per seguire questa strada ci si può far assistere da un legale o da enti specifici. La sede penale, secondo l’art. 171 bis della legge sul diritto d’autore, prevede la reclusione, la multa e anche una penale amministrativa contestando anche gli obblighi alla tutela della controparte (corporate liability).