Dopo due anni di indagini, la Commissione europea è giunta alla conclusione che l’Irlanda ha concesso ad Apple benefici fiscali non dovuti per 13 miliardi di euro.
Cifra che ora l’Irlanda, che di fatto ha consentito ad Apple di pagare meno tasse rispetto a quelle dovute, dovrà recuperare, richiedendoli alla stessa società.
L’accusa della Ue
Il Commissario europeo Margrethe Vestager, responsabile delle politiche comunitarie in materia di concorrenza, così spiega: “Gli Stati membri della Ue non possono concedere benefici fiscali in modalità selettiva. È un approccio illegale che si è protratto per anni”.
L’esito dell’indagine parla di una riduzione artificiale della tassazione che parte fin dal 1991 e che riguarda nello specifico due aziende irlandesi appartenenti al perimetro societario di Apple: Apple Sales International e Apple Operations Europe.
Secondo le determinazioni della Ue, quasi tutti i profitti generati dalle due società venivano attribuiti a non meglio precisati uffici centrali, esistenti solo sulla carta, privi di dipendenti e dunque non abilitati a generare i fatturati loro ascritti.
Di fatto le stesse attività finivano per non essere soggette a tassazione in nessun Paese della Ue e in virtù del meccanismo adottato in Irlanda, col tempo la tassazione dovuta da Apple all’erario irlandese si era ulteriormente ridotta, passano dall’1 per cento del 2003 allo 0,005 per cento del 2014.
Un vantaggio competitivo illecito
Appare evidente, sono le conclusioni della Commissione, che questo trattamento riservato ad Apple ha dato alla società un indubbio vantaggio competitivo rispetto ad altre aziende che operano nello stesso Paese, consentendole di evitare di pagare tasse su quasi tutte le vendite di prodotti sull’intero territorio dell’Unione, grazie all’escamotage adottato dalla società, che ha sempre scelto di ascrivere tutte le vendite al territorio Irlandese, invece che al Paese nel quale la vendita ha avuto effettivamente luogo.
Non una multa ma un rimborso
Dunque, considerato che le richieste di rimborso degli aiuti illecitamente ricevuti possono riguardare solo il decennio precedente l’apertura delle indagini, Apple dovrebbe risarcire il periodo 2013-2014 con un rimborso record di 13 miliardi di euro.
Attenzione: non si tratta di una multa, perché, come spiega la nota ufficiale della Commissione, non si parla di multe in materia di aiuti di Stato, bensì di un rimborso che riequilibri la situazione. Sono invece dovuti gli interessi, che dunque dovranno andare a sommarsi ai 13 miliardi di rimborso.
Una cifra importante, che le cronache già valutano 40 volte superiore a qualunque altra richiesta fatta dall’Unione in casi analoghi, che potrebbe essere ridotta laddove altri Paesi si facessero avanti per richiedere a loro volta il recupero delle tasse non pagate nei loro territori.
Apple e il Governo irlandese pronti all’appello
Per quanto importante, la cifra da pagare non dovrebbe essere un problema insormontabile per la società, dal momento che rappresenta qualcosa come il 6 per cento del cash disponibile, tuttavia è chiaro che la società cercherà di difendere la propria posizione e presenterà appello, cosa che per altro ha già annunciato di voler fare. La posizione del Ceo Tim Cook è che Apple non ha mai richiesto trattamenti di favore, dunque è estranea alle decisioni del Governo irlandese.
Non solo.
Tim Cook accusa la Commissione di voler “riscrivere la storia di Apple in Europa“, ignorando il sistema fiscale irlandese e insinuando che vi sia stato “un accordo speciale”.
“Questa accusa non ha fondamento. Non abbiamo chiesto né abbiamo ricevuto alcun trattamento di favore. Ora ci viene chiesto di pagare tasse a un Paese che sostiene che non dobbiamo nulla di più di quanto non abbiamo già pagato“.
Similmente vuol ricorrere in appello il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan, che dichiara di voler difendere l’integrità del sistema tributario del suo Paese, insieme al principio di sovranità di ciascun Paese in termini di tassazioni, ricordando nel contempo che il sistema di imposizione fiscale usato per Apple non è ormai più in vigore. Noonan si dichiara per altro convinto che il provvedimento della Ue sia rischioso sia per gli investimenti sia per la creazione di posti di lavoro in Europa.
Apple non è la sola
Da parte sua, la Commissione Europea tiene a sottolineare che all’indagine che riguarda Apple e l’Irlanda si aggiunge ad altri procedimenti simili che hanno portato ad analoghe (se pur economicamente meno rilevanti) conclusioni nei riguardi di Fiat e Starbucks in Lussemburgo e Olanda; in Belgio sarebbero stati concessi aiuti selettivi a 35 multinazionali, in prevalenza europee; in Lussemburgo altri procedimenti interessano Amazon e McDonald’s.