Secondo quanto riportato nella giornata di ieri da Financial Times, Google sarebbe pronta a lanciare un proprio visore per la realtà virtuale, da un lato enfatizzando la competizione con Facebook, ormai proprietaria di Oculus, dall’altro offrendo una nuova opportunità agli sviluppatori che scelgono la piattaforma Android.
Va detto, per amor di precisione, che per Google non sarebbe un vero e proprio debutto nel segmento, dal momento che Cardboard, il visore a basso costo, realizzato in cartoncino, fu lanciato ormai due anni fa. E di Cardboard finora Google ne ha consegnati qualcosa come 5 milioni di unità in tutto il mondo.
Un visore oltre Cardboard
Il nuovo visore sarebbe dunque un successore di quel primo progetto e dovrebbe non solo integrare sensori e lenti migliorati e più avanzati, ma anche un case plastico più robusto.
Secondo le indiscrezioni citate dal quotidiano britannico, il nuovo visore non dovrebbe differire molto dal Gear VR, il visore per il mercato consumer sviluppato da Samsung in collaborazione con Oculus.
Il rilascio dovrebbe avvenire nel corso dell’anno, contestualmente alla disponibiità della tecnologia Android VR destinata per l’appunto alla realtà virtuale.
A quanto è dato di sapere, il visore dovrebbe utilizzare sia per il display sia per la capacità elaborativa un telefono integrato nello chassis, ma, diversamente da Cardboard, il sistema non dovrebbe affidarsi esclusivamente ai sensori già disponibili nel telefono, ma integrarne di nuovi.
Anche la compatibilità dovrebbe essere ampliata: rispetto al Gear VR l’idea quella di non limitarsi a un numero ristretto di dispositivi recenti, ma di guardare a una audience decisamente più ampia.
Dal telefono al sistema operativo
E poi c’è il sistema operativo.
Di nuovo un passo avanti rispetto a Cardboard.
Non si tratta più di affidarsi solo alle App, per quanto ben progettate e congegnate: l’idea è di guardare alla realtà virtuale come a un nuovo software embedded nel sistema operativo. Una scelta che potrebbe risolvere alcuni problemi legati alla latenza tra il movimento della testa e l’immagine visualizzata, che spesso si traducono nel senso di nausea percepito dall’utente.