La Snia avverte: le aziende effettuano troppo raramente test di verifica sui propri sistemi di disaster recovery e back-up.
15 Aprile 2003 “Verifiche? Quali verifiche?”. Fra le risposte dei responsabili per lo storage di cento aziende intervistati dalla Storage Networking Industry Association Europe (Snia-E), questa è certamente la più inquietante. Il recente studio realizzato dalla Snia ha infatti analizzato il livello di attenzione prestato dalle aziende alle procedure di storage, registrando che, sebbene il back-up e il disaster recovery siano ritenuti elementi chiave nella vita di un’azienda, i test per verificare il funzionamento ottimale di tali sistemi sono molto scarsi.
Solo il 20 % degli intervistati dichiara di sottoporre a verifica il proprio programma di disaster recovery ogni 6 mesi, mentre il 32 % lo fa una volta l’anno. Un buon 25 % (“Quale programma?”) preferisce cambiare discorso. Per quanto riguarda il back-up e il restore, il 41 % dei responsabili procede alle verifiche dei piani ogni sei mesi, mentre per un quarto di essi la cadenza è annuale. La scarsa frequenza dei test sembra contrastare nettamente il rapido incremento dei dati. Per la metà delle aziende l’ammontare dei dati elettronici sarebbe aumentato di oltre il 50 % nello scorso anno, raddoppiandosi per il 21 % di esse. Nove avrebbero addirittura registrato una crescita del 200 % dei dati da immagazzinare.
Secondo il report della Snia-E, i risultati indicano dunque un adeguamento molto irregolare delle aziende alle best practice dello storage. Risultati che, per alcuni versi, in questo momento potrebbero non sorprendere particolarmente gli esperti del settore.
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