L’implementazione è un processo che richiede tempo e il coinvolgimento dei responsabili d’area. I consigli di Cisco e Italtel per non trovarsi impreparati.
La Unified Communication cambierà il modo di comunicare all’interno delle imprese. L’idea di poter usare una piattaforma integrata per gestire messaggi vocali, fax, email, sms, instant messaging, ma anche audio/video conferenze e collaboration è certamente intrigante. E non solo in prospettiva. Già ora, diverse aziende hanno cominciato a implementare soluzioni di UC al proprio interno, cogliendo magari l’occasione della sostituzione del vecchio centralino Pabx per fare un ulteriore salto di qualità nel modo di lavorare.
“E’ un tema di forte attualità – dicono Francesco Sbarsi e Gianpiero Carocci Silvagni, responsabili marketing per la PA e le Large Enterprise in Italtel – perché le aziende hanno sempre più bisogno di comunicare sia all’interno che all’esterno. E rendere questa comunicazione efficace permette di dare risposte più veloci”.
Ma la Unified Communication nella sua accezione più completa è un processo lungo, che richiede tempo, risorse e anche la rottura di certi schemi magari consolidati nel tempo.
“Fondamentale – prosegue Italtel – è integrare i processi aziendali con i processi di comunicazione. E’ molto utile fare un’analisi del workflow e una revisione dell’organizzazione interna. La scelta del partner qui è strategica, non sono nella fase implementativa, ma anche e soprattutto in quella progettuale”.
In effetti, l’UC va a coinvolgere diverse aree di eccellenza della tecnologia d’impresa: le infrastrutture di comunicazione, le reti dati, i sistemi di Tlc, le applicazioni, le procedure di business. Il coinvolgimento delle figure responsabili è quindi basilare.
“Il consiglio per i network manager e i responsabili It è di procedere per gradi – spiega Gianluca Ferrè, Unified Business Development manager di Cisco – . Si parte dalla telefonia su Ip, per poi passare alla messaggististica unificata, poi la collaboration (video, condivisione documenti) e infine la Unified Communication vera e propria”.
In sostanza, un possibile quadro di riferimento potrebbe essere il seguente:
1. Effettuare un assesment dell’attuale struttura organizzativa/tecnologica e definire una roadmap di sviluppo per l’UC
2. Migrare verso soluzioni Internet protocol a livello di Voice Over IP
3. Implementare soluzioni di unified messaging (voce, messaggistica istantanea, fax, email)
4. Integrare soluzioni di collaboration per la condivisione di documenti e la videoconferenza
5. Arrivare a una piattaforma globale di Unified Communication che vada a comprendere anche le applicazioni software per i processi di business
Meglio inoltre identificare alcune aree che possano fare da pilota per questi progetti. “Tenendo comunque in considerazione – precisa Italtel – che i sistemi informativi non sono l’area ideale. Sia perché hanno un approccio più tecnico, sia perché le esigenza comunicative non sono così spiccate”.
Per i tecnici la sfida è duplice: da un altro lavorare per l’utente garantendogli un’interfaccia omogenea e semplice dal’altro svincolare questa “user experience” dal dispositivo usato (Windows, Symbian, Blackberry, Pc). “La rete consente ormai di offrire servizi agli utenti – prosegue Ferrè – ed è intelligente nel capire in quale modalità l’utente può essere contattato in un determinato momento”.
In questo senso l’infrastruttura di rete è già nella maggior parte dei casi sufficiente per offrire servizi di UC, basta che sia in grado di governare le QoS (Quality of Service) definite. “Non si tratta solo di allargare la banda – commenta Ferrè – , quanto di gestire il QoS a livello di infrastruttura di rete”.
Del resto, nel mondo delle imprese l’IP è una tecnologia da tempo consolidata: il mondo finanziario, le assicurazioni, una parte della pubblica amministrazione dispone già di reti in grado di gestire senza problemi la Unified Communication. Per le Pmi e diversi settori della Pa, invece è possibile che siano necessari investimenti nelle infrastrutture per sfruttare appieno le opportunità dell’UC.
Un ultimo punto da considerare riguarda la sicurezza, soprattutto se si considera la complessità intrinseca delle soluzioni UC. Le aree a rischio sono infatti molteplici: l’infrastruttura di supporto (cioè la rete), i dispositivi terminali, le applicazioni integrate, tutti settori non esenti da attacchi.
Anche qui, il consiglio tratteggiato sia da Cisco che da Italtel è di studiare un approccio coordinato e integrato, perché già adesso ci sono strumenti in grado di riconoscere e controllare il livello di sicurezza dei dispositivi in rete. Tenendo presente che la sicurezza di un’infrastruttura UC può essere addirittura superiore rispetto a una architettura tradizionale voce+dati. “Solo per fornire un esempio – conclude Ferrè – si possono cifrare le telefonate o fornire certificati digitali direttamente on boad”.