Alan Lomax è stato il primo grande etnomusicologo che il mondo occidentale abbia conosciuto, un prodigioso collezionista di musica tradizionale nato in Texas ma divenuto ben presto cittadino del mondo, giacché la sua missione culturale lo ha condotto a registrare i repertori più vari della musica popolare. Un instancabile missionario di una giusta causa, quella della conservazione di un bene “immateriale”.
Molto prima che esistessero Internet e iTunes, Alan Lomax ebbe una vera e propria visione, quella di costituire un jukebox globale in grado di conservare il materiale raccolto sul campo nelle aree del Nord America, dei Caraibi, in Europa, Africa, Russia e Asia Centrale. Oggi, a distanza di 10 anni dalla sua morte, è possibile accedere dal sito www.culturalequity.org al suo immenso lascito: 5.000 ore di registrazioni audio, 3.000 video, 5.000 fotografie, 17.400 brani musicali, centinaia di migliaia di metri di pellicola e mucchi di manoscritti conservati in luoghi rimasti a lungo inaccessibili. Il progetto, da poco digitalizzato e destinato in parte alla vendita in CD o download, va sotto il nome di Global Jukebox ed è stato realizzato grazie a un programma dell’American Folklife Center della Library of Congress di Washington insieme con la Association for Cultural Equity fondata da Lomax e attualmente presieduta dalla figlia. Una parte di quell’archivio, composto di 400 ore di filmati prodotti per il network statunitense PBS fra il 1978 e il 1985, è stato reso pubblico su un canale di YouTube dedicato.
“Alan – ci racconta Anna Lomax Wood, figlia dell’etnomusicologo, raggiunta a New York dove ha sede l’associazione – si spostò verso l’ascolto e la distribuzione in rete quando insieme ai suoi colleghi sviluppò il Global Jukebox, progettato come uno strumento mediatico digitale, interattivo e multimediale e finalizzato all’esplorazione e all’apprendimento musicale trans-culturale, già prima che nascesse Internet nella forma a noi nota oggi. Tutta la sua vita fu spesa alla ricerca di strade che potessero disseminare la musica ovunque e contemporaneamente restituirla a coloro che l’avevano concepita in quel modo. Mise a punto un sistema di analisi definito ‘cantometrico’ che è un procedimento di riconoscimento della musica altamente sofisticato. Sarebbe stato entusiasta delle possibilità offerte da Internet oggi e sono certa che avrebbe trovato un modo per mettere la sua raccolta al servizio della musica e della cultura per un avanzamento dell’umanità”.
Il 31 gennaio scorso, per festeggiare il giorno in cui avrebbe compiuto 97 anni, la Global Jukebox ha pubblicato The Alan Lomax Collection From the American Folklife Center, un sampler digitale in download su iTunes e altre piattaforme digitali, realizzato sotto la direzione di Don Fleming, musicista, produttore discografico e direttore esecutivo della Association for Cultural Equity, che raccoglie 16 tracce provenienti dai diversi teatri di ricerca di Lomax.
Scorrendo tra le tracce emergono nomi che illuminano sulla enorme vastità dei repertori quasi sempre sconosciuti prima dell’arrivo di Lomax. Jean Ritchie, la cantautrice nativa del Kentucky suonatrice di dulcimer che fu raggiunta dall’etnomusicologo negli anni Trenta e solo dopo quel contatto scoprì che la musica che interpretava si chiamava hillbilly. Texas Gladden, moglie di quel Hobart Smith che con Ed Young realizzò numerose registrazioni per Lomax anch’esse presenti qui. Gli italiani Trallaleri di Genova, esecutori di una forma musicale vocale tipica del genovese. Dal contesto caraibico Neville Marcano noto come The Growling Tiger (La Tigre che ringhia). Nell’elenco fa capolino anche quel Mississippi Fred McDowell che Lomax incontrò a Como, cittadina dello stato americano, nel 1959 realizzando le prime incisioni dell’allora ignoto bluesman che si rivelò in seguito un interprete d’eccezione del Delta sound cui hanno guardato negli anni Rolling Stones con la celebre cover You Gotta Move, Aerosmith, Jon Spencer Blues Explosion e Jack White per citarne alcuni.
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