Siamo entrati in sei laboratori dei Reply IoT Labs di Torino: li abbiamo visitati facendoci spiegare da ricercatori e manager le finalità e le attività in corso nell’IoT italiana
Il piccolo sensore di allagamento da venti euro che ci avvisa se la lavatrice sta perdendo acqua. Il termostato che possiamo accendere o spegnere dallo smartphone. Le lampadine comandate a voce. Il motore elettrico presente in un grosso macchinario industriale che avvisa chi di dovere quando si rende conto che c’è qualcosa che non va e potrebbe rompersi. L’automobile che capisce che è stata rubata e chiama autonomamente un numero di emergenza. Le operazioni bancarie gestite da un qualsiasi dispositivo mobile o fisso. È l’Internet delle cose, bellezza.
Una sigla, IoT (o IIoT, quando si parla dell’Internet degli oggetti industriale), ormai sdoganata e ben nota anche ai passanti purché appena appena tecnologizzati. Una bella comodità, ma nello stesso tempo origine di malumore quando il meccanismo si inceppa. La banca può essere la migliore del mondo, ma sarà giudicata pessima da molti utenti se ha una app fatta male. Un po’ quando si cambiava istituto di credito perché il direttore della nostra filiale non ci era simpatico.
Nello stesso modo, se il misterioso server sparso per le nuvole ha il fiato corto e l’abat-jour del comodino tarderà qualche secondo a spegnersi a farne le spese sarà l’Alexa, Siri e Google di turno. Aziende di ogni genere forniscono con sempre maggiore frequenza e decisione prodotti connessi e servizi legati all’Internet delle cose, inteso in senso lato: anche l’accesso a una banca o a un sito di commercio elettronico è legato all’IoT.
Un indubbio vantaggio tecnologico e commerciale, ma anche un rischio di effetto boomerang quando non tutto fila liscio. Ecco allora sempre maggiori investimenti nello sviluppo di sistemi e applicazioni ben oliate sin dal primo giorno del loro lancio commerciale, ma anche l’esigenza di continui monitoraggi sul loro corretto funzionamento nel tempo e ad ogni aggiornamento. Procedure complesse, che devono essere automatizzate e ben eseguite.
Ed è qui che entrano in gioco società come Reply, colosso italiano con 7.800 dipendenti e un fatturato di oltre un miliardo di euro.
La società poco più di un anno fa ha aperto a Torino gli IoT Labs, centro di ricerca dedicato all’internet degli oggetti, ai prodotti connessi e ai veicoli a guida autonoma. Dieci laboratori dove vengono progettate, ingegnerizzate e testate applicazioni basate su apprendimento automatico e intelligenza artificiale utilizzate nei prodotti smart che abbiamo in casa e in mano, nei macchinari dell’industria 4.0 e nei veicoli connessi.
All’interno dei Reply IoT Labs
Forse non è ancora chiaro cosa facciano esattamente i Reply IoT Labs. E allora li abbiamo visitati, facendoci spiegare da ricercatori e manager le finalità e le attività in corso. Siamo entrati in sei laboratori.
In alcuni abbiamo avuto l’autorizzazione per scattare le foto che vedete in questa pagina, mentre in altri non abbiamo potuto fotografare nulla perché tavoli e strumenti erano pieni di prototipi ancora lontani dal lancio sul mercato.
Ci guida nella visita Luigi Cicchese, partner di una delle società del gruppo che si chiama Concept Reply e che è specializzata nella ricerca, sviluppo e validazione di soluzioni innovative in ambito IoT e nel Testing & Quality Assurance (vedremo poi di cosa si tratta). Concept Reply è una realtà nata nel 2009 in seguito all’acquisizione da parte del gruppo Reply del centro di ricerca e sviluppo di Motorola di Torino e da qui proviene Luigi Cicchese.
«Questi laboratori – dice – sono luoghi dove la ricerca si fa sviluppo per spingere avanti la tecnologia IoT, che ha diverse verticalizzazioni, tra le quali automotive, finance, telco & media. L’automobile è uno degli oggetti connessi più interessanti, perché contiene molte centraline che dialogano con i sensori interni. Le nuove frontiere riguardano lo sviluppo di quello che chiamiamo VtX».
La sigla citata da Cicchese sta per “Vehicle-to-everything”: sistemi di comunicazione tra un veicolo e l’infrastruttura, un altro veicolo, un pedone, un qualsiasi dispositivo elettronico e così via. «Un’altra verticalizzazione molto interessante – prosegue il manager – è dedicata all’industria, perché gli oggetti connessi vengono prodotti in fabbriche che a loro volta sono sempre più connesse. Non si tratta ovviamente di automazione industriale, applicata da anni, ma di applicazioni che coinvolgono intelligenza artificiale, machine learning, manutenzione predittiva e così via. Di questi concetti si occupa un nostro laboratorio espressamente dedicato all’Industrial IoT».
Se più o meno l’intelligenza artificiale sappiano tutti cos’è, val la pena di dire che il “machine learning” si ottiene creando complessi algoritmi che permettono ai computer di apprendere autonomamente, senza essere stati esplicitamente programmati. «In laboratori come questo – conclude Cicchese – innoviamo per fare in modo di aumentare l’efficienza industriale riducendo i costi. In altri, come quello dedicato alle antenne e alle radiofrequenze, progettiamo e testiamo dispositivi connessi. In altri ancora, come nel Global test automation center, forniamo alle aziende strumenti e servizi che consentono di monitorare la maturità di un prodotto o di un servizio durante il suo intero ciclo di vita, dalla fase di sviluppo alla fase di utilizzo».
I test automatizzati
Ed è proprio il Global test automation center che visitiamo per primo, nel quale decine di giovani ingegneri informatici si occupano di attività che vanno dagli stress test dei siti, per vedere se sono in grado di reggere carichi improvvisi, al monitoraggio continuo di piattaforme di e-commerce o di banche on-line sfruttando un ambiente tecnologico messo a punto da Concept Reply per facilitare l’integrazione dell’automatizzazione dei test nei processi di business delle aziende, semplificandone l’adozione. «Fondamentalmente aiutiamo i nostri clienti – spiega Fabrizio Mancini, partner di Concept Reply – a fare in modo che i loro prodotti o servizi arrivino sul mercato senza problemi dal punto di vista funzionale e delle prestazioni. Nel mondo IoT è fondamentale disporre di una di soluzioni di test automation. Lavoriamo per le telecomunicazioni, con servizi che coprono tutto il loro ecosistema, dagli operatori alle manifatture, per validare le reti e fornire indicazioni per migliorare le performance. Nel settore automobilistico ci occupiamo di validare in laboratorio e sul campo i servizi prima del lancio commerciale per verificare che tutto funzioni correttamente. Validiamo i portali di e-commerce e i servizi che banche e assicurazioni erogano ai clienti».
Nel Global test automation center abbiamo visto all’opera alcune applicazioni messe a punto da Reply per il monitoraggio dei servizi di banca online del Gruppo Intesa San Paolo e in particolare i servizi automatizzati per il monitoraggio del sito, dell’analisi delle prestazioni e della verifica del corretto funzionamento del portale.
Antenne e dintorni
I dispositivi di comunicazione wireless sono sempre più diffusi e presenti negli ambienti in cui viviamo e lavoriamo, dai normali smartphone alle videocamere di sorveglianza. Per comunicare usano tecnologie come il Wì-Fi, il Bluetooth e le reti telefoniche. Quando si sviluppa uno di questi dispositivi, un punto centrale per i progettisti è rappresentato dall’ottimizzazione della trasmissione e della ricezione dei dati.
Eccoci quindi arrivare nel laboratorio di Reply chiamato RF/Antenna, che consente di misurare le prestazioni di un sistema in trasmissione e ricezione in un ambiente controllato. È possibile individuare eventuali problemi e suggerire le opportune azioni per risolverli consentendo di ottimizzare le prestazioni.
Quando entriamo nel laboratorio, ai piani alti di un palazzo che ora è di Reply e prima era di Motorola, vediamo un tecnico che sta controllando le emissioni Bluetooth e 4G di un piccolo scatolotto nero che, ci dice, è un dispositivo per l’auto connessa che sta sviluppando.
Il dispositivo, una volta ultimato, consentirà all’auto di connettersi a chi la guida tramite smartphone e, nello stesso tempo, trasmettere dati alla rete o alla centrale operativa (ad esempio nel caso di servizi di car sharing). Il tecnico lo ha inserito in una camera anecoica, un cubo di tre metri per lato completamente isolato dalle interferenze esterne, e lo sta sottoponendo a una serie di test per vedere il suo comportamento.
Non è realmente connesso a una rete telefonica o Wi-Fi, ma nel laboratorio possono simulare perfettamente ogni tipo di collegamento. Successivamente inserirà nella camera anecoica altri oggetti, come la portiera di un’auto, un cristallo, un pezzo di plancia, per vedere come questi oggetti comuni in un’auto interagiscono con il dispositivo. Alla fine del ciclo di sviluppo verranno fatte ovviamente anche prove sul campo, all’interno di una vettura vera.
Ad alta voce
A poca distanza da questo laboratorio c’è lo spazio dedicato ai test audio, anch’esso dotato di una camera anecoica per ottenere il completo isolamento del dispositivo da testare da interferenze esterne, che in questo caso sono i rumori non desiderati.
Qui i tecnici si occupano della comunicazione vocale con i dispositivi elettronici, che sono sempre più diffusi in casa, ufficio e auto. Il laboratorio permette di effettuare tutti i test volti a caratterizzare le prestazioni audio di un dispositivo di comunicazione, a valutarne la qualità percepita dall’utilizzatore e ad individuare e risolvere eventuali problemi. All’interno della camera anecoica, concepita per eliminare riflessioni e riverberi non voluti, al momento della nostra visita c’era Oscar e un dispositivo Alexa.
Oscar è un manichino che può “parlare” e “ascoltare” come un essere umano. Pronuncia frasi registrate da attori professionisti di diversi generi ed età, lette con diverse intonazioni emotive e anche con inflessioni dialettali. Per simulare condizioni d’uso reali c’è poi un enorme database di rumori che possono essere inseriti, dal normale vociferare di un ambiente d’ufficio alle ventole del climatizzatore in auto. Anche in questo caso i test sono automatizzati e Oscar può uscire di tanto in tanto per prove sul campo.
Veicoli connessi
Ci spostiamo quindi nel laboratorio dedicato ai test sui dispositivi per veicoli connessi, che possono essere le normali automobili ma anche veicoli industriali come trattori o camion. Qui non possiamo fotografare, perché quasi tutti i prodotti in fase di test sono prototipi ben lontani dalla commercializzazione.
Sul tavolo principale del laboratorio ci sono alcune “scatole telematiche”, i dispositivi che hanno il compito di collegarsi all’elettronica del veicolo (Can Bus). Ricevono, filtrano e gestiscono tutti i messaggi che provengono dalle varie centraline dell’auto e li rendono disponibili per la trasmissione in rete. Fino a oggi hanno avuto un’intelligenza limitata, ma la frontiera su cui sta lavorando Reply con i suoi clienti è di renderle più potenti, integrandole con capacità elaborative riservate al momento al lato cloud del sistema. Intelligenza artificiale e machine learning anche in queste “scatole nere” dunque.
Sul tavolo di lavoro c’è qualche dispositivo messo a punto per soddisfare la normativa eCall, sistema automatizzato che si accorge se un veicolo ha fatto un incidente e chiama un numero di emergenza, allo studio per le esigenze dei principali produttori automotive.
Nella giusta ottica
Moltissimi dei dispositivi con cui abbiamo a che fare quotidianamente hanno la capacità di riprendere immagini, fisse o in movimento. Smartphone, tablet, computer, ma anche le automobili sono dotate di sensori di immagine (fotocamere), le cui prestazioni devono essere validate e ottimizzate per il proprio ambito di utilizzo.
E questo è il compito del laboratorio Optical, la tappa successiva del nostro tour. I macchinari presenti in questa ampia stanza, con le finestre oscurate, consentono di misurare le prestazioni colorimetriche, dinamiche e di risoluzione dei sensori di immagine, di individuare eventuali problemi e suggerire le azioni necessarie per l’ottimizzazione. Un’attività fondamentale, se consideriamo ad esempio che le telecamere montate sui veicoli avranno sempre di più il compito di analizzare e ricostruire la scena di viaggio, riconoscendo cartelli stradali e limiti di velocità.
Qui ci hanno fatto scattare soltanto una fotografia alla parte del laboratorio che consente di verificare la risoluzione dei dispositivi, ma nel laboratorio abbiamo notato un’altra apparecchiatura per testare i sensori dal punto di vista colorimetrico e un sistema di ripresa montato su un sofisticato drone.
Laboratorio elettrodomestici
Divieto assoluto invece di fare riprese nel laboratorio incaricato di mettere a punto e testare gli elettrodomestici smart, connessi alla rete. Curioso un frigorifero perfettamente funzionante, ma senza la scocca, con tutti i componenti sparsi per il tavolo. Vediamo una cantinetta in fase di sviluppo, con la capacità di ordinare le bottiglie di vino man mano che vengono bevute e una lavatrice che, una volta in vendita, sarà dotata di una non ancora ben definita intelligenza connessa.
In questo laboratorio è stato messo a punto il sistema Hi Connect, una piattaforma sviluppata da Reply per aiutare i produttori di elettrodomestici a diversificare il proprio modello di business tradizionale attraverso strategie combinate di prodotto e servizi. Hi Connect offre una soluzione IoT end-to-end completa, che consente ai produttori di controllare e aggiornare nel tempo le funzionalità dell’elettrodomestico, che può diventare una piattaforma per l’erogazione di servizi, personalizzabile alla luce dei data analytics.
Automazione industriale
Il nostro viaggio termina nel laboratorio di Reply votato all’IIoT, internet delle cose industriale. Al suo interno al momento della nostra visita era presente un modello miniaturizzato concepito per riprodurre una delle macchine rotative presente nella maggior parte delle manifatture italiane nella forma di fresa, trapano o tornio.
Reply è riuscita a creare un sensore basato su fibra ottica che è in grado di rilevare in tempo reale anomalie nel motore che la governa. Una soluzione alternativa ai normali sensori alimentati, che in qualche caso non si possono installare, e che permette di gestire i sensori da remoto sfruttando la normale fibra ottica per telecomunicazioni che costa soltanto sei euro al chilometro.
Un altro modello riproduce una linea industriale automatica, dotata di tutti i dispositivi IoT che si può immaginare di trovare in una fabbrica connessa. Usciamo all’aria aperta con l’impressione di aver toccato con mano il futuro prossimo.