Salesforce.com: fra reti sociali, grid e green It, cambia anche il Crm.
In un periodo di flessione economica il cloud computing può essere d’aiuto per reagire. Sul tema, Salesforce.com ha da tempo lanciato Force.com, una piattaforma applicativa enterprise con cui ottimizzare il modello cloud anche mediante alleanze con protagonisti del Web 2.0, come Google, Amazon e Facebook, con lo spirito dell’interoperabilità.
A Peter Coffee, Director Force.com Platform di salesforce.com abbiamo chiesto cosa debba essere ritenuto cloud e cosa no.
«Non è cloud – ci ha detto il manager – portare la complessità aziendale sul Web, trasferire il modello interno su una struttura esterna. Fare cloud, piuttosto, vuol dire eliminare le complessità, anche dal punto di vista della fruizione. Per questo parliamo di zero on premise, di dimenticarsi le applicazioni residenti, ancorate a un luogo fisico. Si tratta, poi, di costruire una struttura di servizi che va da uno a infinito. Ossia, da un servizio unificato a infinite capacità di fare le cose, di integrare i servizi sul cloud. Ecco, zero, uno e infinito, sono i numeri del cloud».
Una struttura del genere, per funzionare bene ha bisogno della comunità («Si tratta di mettere a loro disposizione risorse – ha detto Coffee -. E poi bisogna creare algoritmi. Sono il pane del cloud») e ha anche attinenza con il green It.
«Rifarsi a un modello in cui un pc e un server, per produrre, devono essere in linea contemporaneamente, in connessione diretta, significa sprecare energia – è l’idea di Coffee -. Il cloud non richiede che due oggetti lavorino assieme per produrre una cosa che si trova già sulla rete, che esiste già. Serve a ottimizzare l’uso delle risorse, e quindi anche dell’energia. Se creiamo qualcosa con lo scopo di farla girare sul cloud, lavoriamo già dall’inizio in un’ottica di risparmio, anche per la fase puramente meccanica, perché attingiamo risorse computazionali dalla rete. In sostanza, sul lungo periodo si tratta di usare meno computer, meno server, e di far lavorare assieme più persone».
In tutto questo, come le reti sociali influenzano il Crm?
«È una questione di muri – ha detto Coffee – che non sono da abbattere, piuttosto da rendere trasparenti, attraversabili. Nel mondo 2.0 i clienti sono ancora più parte del valore d’azienda, in quanto portano esperienza direttamente. I social network oggi sono fuori, ma anche dentro l’azienda. Il Crm di nuova generazione, quindi, ne deve tenere conto e costruire i collegamenti perché i valori si incontrino. Oggi coesistono i due tipi di Crm, quello tradizionale e quello basato sulle reti sociali, e potrebbero continuare a esistere in futuro. Ma se guardiamo alle vecchie crisi, vediamo che le società che hanno fatto le scommesse più avanzate sono quelle che poi hanno raccolto le più alte quote di mercato».